“Fedora”, dalla Russia con amore

A Piacenza convinti applausi per il nuovo allestimento dell’opera di Giordano con regia di Pizzi e direzione di Sisillo

"Fedora" (foto Gianni Cravedi)
"Fedora" (foto Gianni Cravedi)
Recensione
classica
Piacenza, Teatro Municipale
Fedora
06 Ottobre 2023 - 08 Ottobre 2023

Dopo ventisette anni di assenza è tornata sul palcoscenico del Municipale di Piacenza Fedora di Umberto Giordano, titolo che ha ripreso la stagione operistica del teatro emiliano dopo la pausa estiva. Il nuovo allestimento, realizzato in coproduzione con il Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena, è firmato per regia, scene e costumi da Pier Luigi Pizzi, inarrestabile novantatreenne del teatro operistico (ma non solo) del quale chi scrive a seguito, solo negli ultimi cinque mesi, L’incoronazione di Poppea a Cremona, I lombardi alla prima Crociata a Parma e questo allestimento piacentino che segna il ritorno del regista a una delle prime opere affrontate a inizio carriera.

Spettacolo dalla misura elegante e nel complesso efficace, quello che Pizzi ha tratteggiato anche grazie all’aiuto di Massimo Gasparon (regista collaboratore) che firma anche le luci, Serena Rocco (assistente alle scene) e Lorena Marin (assistente ai costumi). Una lettura che ha evocato, valorizzandolo, il tratto da spy story vagamente flemingiana che attraversa la vicenda che il libretto di Colautti ha ricavato dal dramma di Sardou, immergendo il tessuto narrativo in ambientazioni eleganti e funzionali, con belle intuizioni – l’atmosfera tra il dark e il liberty della casa parigina di Fedora del secondo atto e, nel terzo, l’ampia luminosa vetrata sul lago dell’Oberland Bernese – e qualche fantasiosa libertà, come il Kandinskij sulla parete delle stanze del Conte Vladimir Andrejevich nel palazzo di San Pietroburgo nel primo atto.

"Fedora" (foto Gianni Cravedi)
"Fedora" (foto Gianni Cravedi)

Un impianto che ha avuto la virtù di allontanare il clima da “solita Fedora” – per usare le parole di Fedele d’Amico – lasciando ampio spazio a un dato musicale che si è confermato drammaturgicamente centrale e che la direzione di Aldo Sisillo ha saputo tratteggiare con efficiente equilibrio. Un passo, quello scelto dal direttore, che da un lato ha saputo restituire con gusto consapevole e misurato le sinuose folate strumentali – assecondate con impegno dall’Orchestra Filarmonica Italiana, completata dal Coro del Teatro Municipale di Piacenza preparato da Corrado Casati – che accompagnano lo svolgersi dell’azione sul palcoscenico, ora commentando ora interloquendo con i personaggi, e dall’altro ha sostenuto le voci dei protagonisti assecondando l’efficace delinearsi dei differenti profili.

"Fedora" (foto Gianni Cravedi)
"Fedora" (foto Gianni Cravedi)

In questa prospettiva, pensando alle voci che hanno animato questo “dramma ridotto per la scena lirica”, ci ritornano in aiuto le parole dello stesso d’Amico raccolte nello scritto già citato e pubblicato nel 1968 su “L’Espresso”: «Quali che siano ora i fondamenti tecnici di questo stile vocale, o le sue varianti presso Mascagni o Giordano o Leoncavallo, certo è che il suo carattere fondamentale consiste nel portare in primo piano l’esplosione della voce in quanto appello fisico e, appunto, “veristico” […]; e con ciò liberarne la passionalità degli scatti sentimentali da qualificazioni e trascendenze etiche».

"Fedora" (foto Gianni Cravedi)
"Fedora" (foto Gianni Cravedi)

Caratteristiche che trovano nella protagonista di quest’opera – con la sua drammatica metamorfosi che la fa passare da innamorata assetata di vendetta per l’uccisione del promesso sposo ad appassionata amante del suo stesso carnefice, fino a vittima sacrificale chiamata a espiare le proprie azioni – una figura emblematica che ha trovato nella voce di mezzosoprano di Teresa Romano un tratto interpretativo davvero efficace, capace di restituire quella combattuta passionalità che scorre nelle vene di questo personaggio. Ben a fuoco anche il Loris di Luciano Ganci, vocalmente generoso, mentre il baritono Simone Piazzola ha dato corpo nel complesso a un buon De Siriex, nonostante un’indisposizione dichiarata in avvio della serata inaugurale che abbiamo seguito. Vocalmente e scenicamente elegante Yuliya Tkachenko nel panni della Contessa Olga Sukarev, e adeguatamente assortito si è rivelato il resto del cast: Vittoria Vimercati (Dimitri), Isabella Gilli (Un piccolo Savoiardo), Paolo Lardizzone (Desiré), Saverio Pugliese (Il Barone Rouvel), William Corrò (Cirillo), Gianluca Failla (Borov), Viktor Shevchenko (Gretch), Valentino Salvini (Lorek), Neven Stipanov (Nicola), Lorenzo Sivelli (Sergio), Giovanni Dragano (Michele) e Ivan Maliboshka (Boleslao Lazinski).

Nel corso della serata e in chiusura convinti applausi del pubblico presente (che non esauriva il teatro) rivolti a tutti gli artisti impegnati, con un calore particolare nei confronti di Teresa Romano, Luciano Ganci e Pier Luigi Pizzi.

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