Alla scoperta delle “Nozze istriane”
Al festival Illica di Castell’Arquato una rara rappresentazione dell’opera di Antonio Smareglia
Tra gli appuntamenti più interessanti proposti dalla X edizione del Festival Illica – manifestazione ospitata a Castell’Arquato, paese in provincia di Piacenza che ha dato i natali al commediografo, poeta e librettista al quale il festival è titolato – l’unica recita delle Nozze istriane di Antonio Smareglia ha offerto un’occasione alquanto rara di vedere rappresentato questo lavoro che il compositore, nato a Pola nel maggio del 1854 da padre italiano e da madre croata, ha realizzato su libretto di Luigi Illica e portato in scena per la prima volta a Trieste il 28 marzo 1895.
Tra i titoli di maggior successo dello stesso compositore, quest’opera restituisce l’interesse del librettista per il clima popolare e pittoresco della cittadina di Dignano, scenario che fa da sfondo a una vicenda declinata nel solco del verismo italiano evitando però caratterizzazioni oltremodo urlate e truculente, optando invece per un tratteggio dei personaggi più legato a una sorta di lirismo folklorico.
Un clima che ha preso corpo sul palcoscenico all’aperto della monumentale Piazza del Municipio, grazie a una messa in scena preceduta dalla cerimonia di consegna dei riconoscimenti relativi al 33° Premio Internazionale Luigi Illica, iniziativa biennale che, sulla base delle valutazioni di una giuria di rilevanza nazionale, premia personalità che si sono distinte nell’ambito musicale, giornalistico e letterario (i premiati di questa edizione sono stati Raina Kabaivanska, Gregory Kunde, Davide Luciano, Gian Paolo Minardi e Giangiacomo Schiavi).
La vicenda di Nozze istriane è stata quindi incarnata da una affiatata compagine di cantanti composta da Sarah Tisba (Marussa), Graziano Dallavalle (Menico), Filippo Polinelli (Biagio), Giuseppe Infantino (Lorenzo), Francesco Samuele Venuti (Nicola) e Giovanna Lanza (Luze), che hanno saputo restituire i rispettivi personaggi con bell’impegno, emerso in particolare nel gusto misurato con il quale Sarah Tisba ha dato corpo e voce all’infelice promessa sposa Marussa, nel tratteggio solido e a tratti ironico con il quale Graziano Dallavalle a disegnato il padre Menico, o ancora nel piglio sottilmente subdolo innestato nel ruolo ingannatore di Biagio da parte di Filippo Polinelli.
Funzionale la regia del giovane Davide Marranchelli – con scene e costumi curati da Anna Bonomelli – il quale, con pochi mezzi, ha impostato una narrazione fluida e mai statica, capace di assecondare i diversi momenti della vicenda distribuiti nei tre atti che compongono questo dramma lirico con efficaci contestualizzazioni.
Un dato che ha permesso di portare in primo piano il segno musicale con il quale Smareglia ha costruito quest’opera, disegnando caratteri vocali certamente connotati ma nel complesso dotati di una certa grazia, elemento quest’ultimo che è emerso in maniera ancora più evidente dal tessuto strumentale, tratteggiato grazie a una scrittura dal gusto accurato e attraversato da sprazzi particolarmente ispirati emersi, per esempio, nei sussulti orchestrali che hanno accompagnato il malinconico racconto di Luze nel primo atto.
Un carattere musicale valorizzato dalla direzione compatta e decisa impressa da Jacopo Brusa – anche direttore artistico del festival – al passo musicale complessivo, guidando un’orchestra Filarmonica Arturo Toscanini dal buon equilibrio e un Coro del Festival Illica adeguatamente preparato da Riccardo Bianchi.
I convinti applausi rivolti a tutti gli artisti impegnati hanno suggellato il bel successo attribuito alla serata da parte di un pubblico presente peraltro in buon numero, soprattutto in considerazione del carattere non popolarissimo di un titolo come quello proposto.
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