Il Concerto Italiano per il nuovo Farnese Festival
Bel successo per l’ensemble guidato da Rinaldo Alessandrini alla prima edizione della rassegna dedicata alla musica dei secoli XVII e XVIII
Penultimo appuntamento della prima edizione del Farnese Festival di Parma, la serata di musica proposta sabato scorso, 17 giugno, da Rinaldo Alessandrini e dal suo Concerto Italiano ha regalato un viaggio coinvolgente alla scoperta delle diverse declinazioni offerte dall’evoluzione dello stile di scrittura che Claudio Monteverdi ha affidato, tra il 1587 e il 1638, ai suoi otto libri di madrigali, cercando di osservarne le differenze, “Come veggiamo usarsi ne’ madrigali moderni…”, come recitava il titolo della serata.
Nato in una città caratterizza dalla ricca e variegata tradizione musicale, il Farnese Festival aspira a rappresentare l’unica rassegna musicale al mondo specificamente dedicata al repertorio dei secoli XVII e XVIII ospitata all’interno di un edificio monumentale coevo, vale a dire quel Teatro Farnese che, fatto costruire dal duca Ranuccio tra il 1617 e 1618 – poi progressivamente abbandonato e quasi del tutto distrutto dalle bombe del 1944 e infine ricostruito nei decenni successivi – si trova oggi al cuore dell’odierno Complesso Monumentale della Pilotta.
La rassegna, curata dal direttore artistico Fabio Biondi e ideata dal direttore del Complesso monumentale della Pilotta Simone Verde, si presenta già in questa prima edizione alla stregua di un’iniziativa dalle ambizioni internazionali.
«Con il Farnese Festival all’interno di uno dei più straordinari teatri al mondo – afferma Fabio Biondi, direttore artistico del Festival – si rende giustizia a un repertorio legato alla ricca vita musicale della città di Parma che, fra il 600 e 700, ospitò tra i più insigni Maestri dell’epoca: figure come Monteverdi, Farinelli, Carestini, Giacomelli, Mozart per citarne solo alcuni, oltre alla cappella ducale, una delle più ammirate orchestre d’Europa. Con una sede così prestigiosa, una città così unica e un territorio così ricco possiamo solo augurarci che questa edizione sia l’inizio di una nuova, fortunata stagione musicale».
«La primavera di Parma capitale dell’arte, dell’architettura e della musica – sostiene Simone Verde, direttore del Complesso Monumentale della Pilotta – si arricchisce di un nuovo e importante appuntamento: il Farnese Festival. Una iniziativa che testimonia la vivacità del progetto sviluppato dal Complesso Monumentale della Pilotta, finalizzato al rinnovamento della struttura, al riallestimento delle sue collezioni e alla creazione di un centro culturale di respiro internazionale, che è stato premiato da un largo consenso di pubblico».
Le intenzioni – e, appunto, le ambizioni– appaiono quindi certamente notevoli, per un festival che in questo primo cartellone ha accolto concerti di formazioni quali Europa Galante – diretta dallo stesso Biondi – l’ensemble vocale e strumentale LaBarocca, la Filarmonica Arturo Toscanini, il Quartetto Vanvitelli, oltre al già ciato Concerto Italiano.
E proprio grazie al percorso d’ascolto offerto dalla compagine guidata da Alessandrini è emersa tutta la qualità di un approccio interpretativo capace di offrire una chiave di lettura vitale e trascinante rispetto a un repertorio che può apparire – almeno sulla carta – distante dalla sensibilità contemporanea. Percorrendo una sequenza temporale disegnata in ordine apparentemente sparso, una selezione di componimenti custoditi degli otto libri di madrigali che Monteverdi ha raccolto nell’arco di cinquant’anni hanno preso forma attraverso interpretazioni coinvolgenti, animate da una bella varietà di agogiche e dinamiche, proponendo un passo espressivo sempre vario e vivace.
Caratteri ai quali hanno contribuito in maniera determinante i bravi musicisti – Monica Piccinini e Sonia Tedla soprani, Andres Montilla alto e tenore, Raffaele Giordani tenore, Gabriele Lombardi basso, Boris Begelman e Paolo Perrone violini, Marco Ceccato violoncello, Ugo Di Giovanni chitarrone – tutti impegnati a – e capaci di – intrecciare dialoghi vocali e strumentali di grande raffinatezza, dove il virtuosismo trascendeva la mera cifra tecnica plasmando equilibri espressivi a tratti davvero rapinosi.
Il respiro delle entrate vocali offerto in A che tormi il ben mio (Libro I), il policromo addensamento timbrico in O Mirtillo, mirtillo anima mia (Libro V), o ancora gli andamenti cromatici, i ritardi premonitori di sapide dissonanze, le ideali evocazioni di freschi refoli del celebre testo petrarchesco Zefiro torna (Libro VI) – arricchiti da inserti di Giovanni Battista Fontana (Sonata terzadecima a due violini e fagotto) e Marco Uccellini (Aria sopra la Bergamasca a due violini e violoncello) – sono solo alcuni esempi di come la compagine, guidata con partecipata efficacia dal cembalo e dai gesti eloquenti di Alessandrini, sia riuscita a rapire l’ascolto attendo del folto pubblico presente. Un pubblico alla fine palesemente soddisfatto, che ha tributato a tutti gli artisti impegnati applausi molto calorosi e molto meritati.
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