Il pianoforte da Bartók a Ligeti, passando per Kurtág

Per la rassegna Traiettorie Andrea Rebaudengo ha offerto un intenso percorso musicale tracciato su un suggestivo crinale novecentesco

Andrea Rebaudengo - Rassegna Traiettorie (foto Davide Bona)
Andrea Rebaudengo - Rassegna Traiettorie (foto Davide Bona)
Recensione
classica
Parma, Casa della Musica
Rassegna Traiettorie - Andrea Rebaudengo
06 Aprile 2023

In occasione del concerto proposto quale seconda tappa nel cartellone 2023 della rassegna Traiettorie, Andrea Rebaudengo ha offerto un suggestivo percorso disegnato su quel crinale musicale novecentesco sul quale si incrociano idealmente le parabole creative di musicisti come Béla Bartók, György Kurtág e György Ligeti.

Un filo conduttore che, oltre alla matrice culturale ungherese condivisa dai tre compositori, ha trovato nella cifra del pianismo originale e intenso raccolto dalle pagine qui presentate un ulteriore – e forse ancor più significativo – segno distintivo e caratteristico.

Un dato che è emerso, pur nelle differenti declinazioni stilistiche espresse dalle diverse opere in programma, fin dalla versione per pianoforte di Tancszvit (Suite di sei danze) di Bartók, realizzata dallo stesso autore nel 1925 a due anni dalla versione originale per orchestra nata per celebrare il cinquantesimo anniversario della fondazione della città di Budapest. Una composizione, quella che ha aperto questa serata, che ha restituito tutta la densità di una scrittura pianistica impegnativa, che ha registrato la prima esecuzione pubblica solo in occasione di un concerto tenuto da György Sándor alla Carnegie Hall di New York nel febbraio del 1945, alla presenza dello stesso Bartók, poi scomparso nel settembre dello stesso anno. Una pagina dove i rimandi a stilemi ispirati alla musica popolare e contadina della terra ungherese traspaiono in filigrana nei variegati caratteri ritmico-timbrici che attraversano le sei tappe di un discorso che si conferma peraltro stilisticamente unitario.

Andrea Rebaudengo - Rassegna Traiettorie (foto Davide Bona)
Andrea Rebaudengo - Rassegna Traiettorie (foto Davide Bona)

Una coerenza che il segno interpretativo di Rebaudengo ha saputo imprimere anche alla successiva pagina di György Kurtág, Nyolc zongoradarab (Otto pezzi per pianoforte) op. 3, dove l’intensità quasi materica che intride la cifra timbrica degli otto frammenti musicali attraversa un ventaglio espressivo che parte dalla “inesorabile” figura ripetuta dalla mano sinistra che, assieme alle note ribattute, segna l’Andante con moto iniziale, passa all’apertura tersa e quasi rabdomantica dei tratteggi melodici che nutrono il brano successivo, per percorrere un caleidoscopio timbrico che confluisce nel Vivo finale, brano scosso da glissandi e cluster che paiono indagare sulla tastiera la materia sonora dello stesso pianoforte.

La prima parte del programma è stato poi chiuso da una selezione di quatto brani – Cordes à vide, Fanfares, Arc-en-ciel e Automne à Varsovie – tratti dagli Études pour piano (Livre I) di György Ligeti, vale a dire tra le composizioni più recenti (1985) della serata. Composizioni capaci, anche grazie alla lettura di Rebaudengo, di restituirci tutta quella complessa ma tersa consistenza che fa capolino nel tessuto di una materia musicale intrisa di rimandi ora a certe ricerche timbriche nancarrowniane, ora a una poliritmia di matrice tradizionale africana, fino a lambire le suggestioni della geometria frattale.

Andrea Rebaudengo - Rassegna Traiettorie (foto Davide Bona)
Andrea Rebaudengo - Rassegna Traiettorie (foto Davide Bona)

Dopo l’oasi rappresentata dal clima sonoro richiamato dai Trois Préludes, composizioni tratteggiate con una sorta di personale e lineare eleganza dal compositore francese Henri Dutilleux in un periodo di circa quindici anni – tra il 1973 e il 1988 – siamo ritornati a Béla Bartók con Szabadban (All’aria aperta), suite composta nel 1926 in cui i cinque brevi brani che la compongono si confermano plasmati dal compositore ungherese grazie ad un virtuosismo concentrato e a tratti quasi trascendente. Una varietà di accenti e di soluzioni timbriche che Rebaudengo ha saputo affrontare con impegno efficace, restituendo tutta la forza espressiva di questi frammenti pianistici, che si presentano come veri e propri concentrati di poetica timbrica.

Gli applausi convinti del pubblico presente sono stati infine appagati da un breve brano tratto dalla ligetiana Musica ricercata, offerto quale fragrante fuori programma.

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