Passione Stravinskij
Un’ottima e applauditissima edizione della Carriera di un libertino al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino con Daniele Gatti sul podio e la regìa di Frederic Wake-Walker
E così questo Rake’s Progress, l’ultima produzione di Alexander Pereira, defenestrato sovrintendente del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, è stata una vera apoteosi, con una memorabile durata di applausi e chiamate alla ribalta nella Sala Mehta giustamente affollata, e vere ovazioni per il direttore, Daniele Gatti.
Con il Rake’s Progress andato su domenica, Gatti ha chiuso il cerchio della lunga e variegata fase del neoclassicismo stravinskijano, che aveva aperto il precedente venerdì con una non meno eccellente esecuzione in concerto di Pulcinella. La recita di domenica e il concerto che l’aveva preceduta hanno così illustrato la visione di Gatti di un autore che gli è notoriamente congeniale, una visione di cui questi due programmi (ma vanno ricordati nel 2022 anche Perséphone e Oedipus Rex) hanno offerto uno spaccato quanto mai affascinante. Gatti ha conseguito e ottenuto dall’orchestra, che era in forma memorabile (e anche il coro lo era), l’affilata e grintosa precisione delle linee e dei loro intrecci, la forza dell’impulso ritmico, la tinta gioiosa e spavalda fin dal celebre preludio, ma non se ne accontenta, e come sempre, nel suo Stravinskij, c’è qualcosa di più, di più malinconico oppure più sanguigno, e il passaggio dalla parodia di Pulcinella alle luminose rievocazioni barocco-mozartiane del Rake’s Progress non poteva essere più seducente.
Nel cast Matthew Swensen era un Tom Rakewell intenso ed elegante, Sara Blanch una Anne Trulove di commovente purezza e intensità con la sua timbratura luminosamente lirica, doti che ne hanno fatto una beniamina del pubblico fiorentino nelle sue prove precedenti in questo teatro, e che sono state ulteriormente confermate; ma la vera sorpresa è stato Vito Priante, Nick Shadow, giustamente sornione e sottilmente seducente in un ruolo che sembra scritto per lui, molto bene anche gli altri interpreti, Adriana Di Paola per un’insolita Baba la Turca di cui meglio si dirà oltre, Marie-Claude Chappuis come Mother Goose, James Platt, Trulove, Christian Colla, il banditore d’asta, Matteo Torcaso, il guardiano.
Si può discutere se l’impostazione tra circense e infantile dello spettacolo firmato da Frederic Wake-Walker con i suoi collaboratori (scene e costumi Anna Jones, luci Charlotte Burton, video Ergo Phizmiz) risponda fino in fondo all’amara e metafisica parabola del libertino stravinskijano, ma al pubblico è complessivamente assai piaciuta. Lo spettacolo aveva la sua caratterizzazione nella citazione di un immaginario tipicamente albionico, peraltro modernizzato, tra libro di fiabe, music-hall e caricatura, tra Dickens e un po’ di Ken Loach in certi desolati panorami urbani, risolto prevalentemente attraverso i video e alquanto in economia. Non mancava qualche idea indubbiamente felice, come i fattorini simil-Amazon che “consegnano” Baba la Turca non in portantina ma in un’enorme scatolone, una Baba la Turca che qui è una rockstar calva anziché barbuta, che all’ultimo, accingendosi a tornare allo show, sfodera un’aderentissima tuta di lamé. Wake-Walker, una volta scelta questa tonalità prevalente, è stato molto bravo a gestire di conseguenza i movimenti scenici, ottenendo in particolare i migliori risultati dal coro nei panni dei ragazzacci e ragazzacce di Mamma Oca e dei partecipanti all’asta. Successo, lo ribadiamo, trionfale, repliche il 14. 16, 19, 26 marzo.
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