Harding a Santa Cecilia
Succederà a Pappano dal 2024
Daniel Harding sarà il nuovo direttore musicale dell’Orchestra e del Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, succedendo ad Antonio Pappano, che ricopre tale incarico dal 2006 e lo lascerà il prossimo settembre, assumendo il ruolo di direttore emerito. Lo ha annunciato oggi il presidente-sovrintendente dell’Accademia Michele dall’Ongaro nel corso d’una conferenza stampa, a cui era presente lo stesso Harding.
Dal dialogo ad uso dei giornalisti tra Harding e dall’Ongaro si sono appresi vari dettagli che hanno aiutato a capire quali saranno gli impegni romani del direttore. Assumerà il nuovo incarico – della durata di cinque anni, ovviamente prorogabili – soltanto nel settembre del 2024, perché prima sia lui che l’orchestra hanno ormai poche date libere. Si potrà comunque ascoltarlo anche nel corso della prossima stagione. Poi dedicherà all’orchestra otto settimane all’anno, a cui vanno aggiunti i giorni per le tournée e le incisioni. A proposito d’incisioni, è stato annunciata la nuova collaborazione tra l’Accademia e Deutsche Grammophon, che avrà inizio con la Tosca prevista per l’inaugurazione della stagione 2014/2015 e proseguirà con la Messa da Requiem di Verdi registrata dal vivo in una delle maggiori basiliche romane, a cui seguiranno altri concerti nelle chiese dedicati ai maggiori capolavori della musica sacra: tutto ovviamente diretto da Harding.
Pur affermando di non voler fornire troppe anticipazioni sui programmi delle prossime stagioni prima che siano definiti in tutti i dettagli, Harding si è lasciato strappare che eseguirà il ciclo completo delle sinfonie di Mahler e molta musica del Novecento – in particolare Strauss e la Scuola di Vienna – e dei nostri giorni. E anche musica inglese, per dimostrare che non è vero che nel Regno Unito non sia stato composto nulla degno di nota tra Purcell e Britten. Inoltre intende riscoprire capolavori semidimenticati come la Sinfonia “Asrael” di Suk, compositore ceco vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, a cui anche Kirill Petrenko sta dedicando nuova attenzione con i suoi Berliner Philharmoniker.
Nato ad Oxford nel 1975, Harding ha iniziato molto giovane la sua brillante carriera come assistente di Claudio Abbado, che è stato da lui evocato più volte con riconoscimento e ammirazione nel corso di quest’incontro con la stampa. Nel 2007 è stato nominato direttore principale dell’Orchestra della Radio Svedese e tale incarico è stato prorogato più volte, per ora fino al 2025. Contemporaneamente è stato direttore principale anche dell’Orchestre de Paris dal 2016 al 2019. Ma ha avuto molti altri incarichi: ad appena ventidue anni è stato nominato direttore musicale dell’Orchestra Sinfonica di Trondheim, poi della Deutsche Kammerphilharmonie di Brema e della Mahler Chamber Orchestra, nonché principale direttore ospite della London Symphony. È ben noto anche in Italia (“sono stato molto ben accolto fin dall’inizio da Abbado e da altri musicisti italiani, quindi devo molto all’Italia”) ed ha diretto alla Scala, alla Fenice, all’Arena di Verona, a Firenze, a Bologna, a Cremona, con l'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, ai festival di Brescia e Bergamo, di Ravenna, di Ravello ed anche al festival di Sanremo (!) nel 2013, ma sicuramente ci è sfuggita qualche altra sua apparizione italiana.
A Santa Cecilia ha esordito giovanissimo nel 1997 ed è poi tornato varie volte, dirigendo in tutto sei programmi con l’orchestra titolare, più due concerti con la Mahler Chamber Orchestra e uno con la Filarmonica della Scala. Negli ultimi due concerti - quello del 2016 imperniato sulla Sinfonia n. 2 di Mahler e quello del 2022 su Heldenleben di Strauss - è scattata la scintilla tra lui e l’orchestra romana: è qualcosa - ha detto Harding - che va oltre il grande talento dei singoli e il loro livello tecnico elevatissimo e che non si può definire a parole ma che nasce dalla generosità dei musicisti dell’orchestra e dalla loro volontà di comunicare e di trasmettere il loro amore per la musica. “Un’orchestra e un coro - queste le sue testuali parole - di straordinaria energia e generosità, che amano raccontare storie e trasmettere al pubblico il loro entusiasmo per la musica che eseguono”.
A chi gli chiedeva quale fossero le caratteristiche del suono italiano dell’orchestra, aspettandosi forse che avrebbe tirato in ballo il lato mediterraneo, solare, passionale, melodrammatico degli italiani, Harding ha risposto d’essere inglese, d’aver abitato per molti anni prima a Berlino ed ora a Parigi, d’essere da più di quindici anni il direttore di un’orchestra di Stoccolma e d’aver quindi avuto modo di rendersi conto di quanto sbagliati e fuorvianti siano i cliché sulle specificità dei vari popoli.
Non poteva mancare una domanda sul suo “secondo lavoro” di pilota di aerei di linea con Air France. Harding ha risposto che lo ritiene importantissimo proprio per la sua attività di direttore e che lo suggerirebbe non solo ai suoi colleghi direttori ma a chiunque abbia un lavoro simile, basato sull’autorità, perché come pilota si è un membro di una squadra che deve far funzionare determinati meccanismi e quindi la propria individualità non conta affatto. Insomma è una specie di contrappeso o antidoto all’attività di chi, come un direttore d’orchestra, ha a che fare con tante persone diverse, ognuna con le proprie idee e la propria esperienza, che si devono tutte adattare alla sua volontà. “Non so – ha concluso Harding – se pilotare un aereo mi ha reso un musicista migliore, ma mi ha reso sicuramente un direttore migliore”.
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