Oltre l’azzurro, l’avventura della cupola

Il lavoro di Silvia Colasanti in prima assoluta per il sesto centenario dell’inizio dei lavori della cupola di Filippo Brunelleschi

"Oltre l’azzurro. Il sogno di Filippo Brunelleschi" (foto di Andrea Paoletti)
"Oltre l’azzurro. Il sogno di Filippo Brunelleschi" (foto di Andrea Paoletti)
Recensione
classica
Firenze, Santa Maria del Fiore
Oltre l’azzurro. Il sogno di Filippo Brunelleschi
23 Maggio 2022

Il Covid aveva bloccato nel 2020 le celebrazioni predisposte dall’Opera di Santa Maria del Fiore per il glorioso sesto centenario dell’inizio della costruzione della cupola di Filippo Brunelleschi. Ma finalmente, il 23 maggio 2022, è arrivato all’esecuzione, in Santa Maria del Fiore, il progetto musicale più importante di queste celebrazioni, per le quali è stato ideato da Francesco Ermini Polacci (direttore artistico di Note al Museo, la stagione di concerti nel Museo dell’Opera del Duomo) e commissionato dall’Opera. Oltre l’azzurro. Il sogno di Filippo Brunelleschi di Silvia Colasanti su testo di Maria Grazia Calandrone, è un dramma in musica per voce recitante, coro misto, coro di bambini e orchestra, ossia Massimo Popolizio, la Cappella Musicale e Pueri Cantores di Santa Maria del Fiore preparati dal loro direttore Michele Manganelli, l’Orchestra Giovanile Italiana, diretti da Pierre-André Valade.

Cinquanta minuti sorretti dal profondo lirismo di musica e testo, a partire dall’immagine della cupola come simbolo del ventre materno e insieme slancio ardito verso il cielo, che permeava profondamente e luminosamente il testo della nota poetessa (qui prosatrice)  e la partitura della compositrice: linee semplici e delicate in contrappunti limpidi,  quasi di musica antica, fra gli archi, leggeri squassi di percussioni e calpestìi di piedi a evocare i problemi e i conflitti che accompagnarono per  tanti anni l’utopia architettonica – così parve allora – di un’enorme cupola voltata senza armatura. E così, grazie  alla straordinaria ma sempre composta immedesimazione di Popolizio-Brunelleschi nel raccontare in prima persona l’avventura della cupola, ne seguiamo le vicissitudini in una scelta di parole e suoni di assoluta proprietà e delicata perizia inventiva: la sfida che sembrava impossibile alla gravezza della materia vinta grazie alla fusione di materia e spirito (lo studio giovanile delle architetture antiche, la costante sperimentazione tecnica di un genio nato artigiano), il lento erigersi del monumento, gli eventi naturali che lo rallentano, come la pioggia espressa da Silvia Colasanti in una reinvenzione personale del topos musicale dei pizzicati degli archi, il richiamo alla divinità affidata al coro femminile e dei pueri cantores mentre il coro degli uomini incarna talora gli accidenti e incidenti di percorso, il duro lavoro dei muratori, la loro ribellione, in contrasti vibranti ma senza eccesso di dramma, in una sintesi che ci richiama l’equilibrio fra forza e grazia del Quattrocento fiorentino.

Ovviamente c’era il tout-Florence, gli esecutori e il pubblico non proprio sotto la cupola, il cui riverbero acustico sarebbe stato troppo insidioso, ma in uno spazio adiacente, rivelatosi acusticamente ideale, con la cupola appena alle spalle. Il successo è stato grande per tutti e prolungato; non c’è che da augurarsi che questo lavoro sia ripreso, e più volte, nello stesso spazio.

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