Il clarinetto e il quartetto al Gonfalone
Calogero Palermo e il Quartetto Eos in Mozart e Brahms al Gonfalone di Roma
Il Gonfalone è una delle poche sale da concerto romane (in realtà è un antico oratorio, totalmente ricoperto da affreschi dei migliori pittori romani della fine del Cinquecento) veramente adatte alla musica da camera, con i suoi duecento posti scarsi e non i duemila abbondanti in cui spesso oggi suonano i solisti e i complessi da camera, per ragioni di natura economica che è superfluo spiegare.
Ma passiamo oltre e parliamo del concerto che il clarinettista Calogero Palermo e il Quartetto Eos hanno eseguito in una sala piena come un uovo, cioè meno di duecento persone. Sarà il caso di premettere alcune brevi note biografiche sugli interpreti. Calogero Palermo è uno dei migliori clarinettisti dei nostri anni, passato come primo clarinetto dall’Opera di Roma all’Orchestre National de France di Parigi, poi di nuovo all’Opera di Roma e ora alla Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam, che generalmente rientra tra le prime tre orchestre del mondo (insieme ai Wiener e Berliner Philharmoniker) nelle varie graduatorie stilate da riviste specializzate e da associazioni di critici musicali. Questo ci provoca da una parte compiacimento per il ruolo prestigioso raggiunto dal nostro clarinettista, dall’altra dispiacere nel vedere lui e tanti altri eccellenti musicisti lasciare l’Italia. Ma ci sarà un motivo. Nel suo caso non sembra una coincidenza fortuita che abbia lasciato Roma per Amsterdam subito dopo che l’allora sovrintendente dell’Opera aveva inviato una lettera di licenziamento all’intera orchestra del teatro.
Ma passiamo oltre. Calogero Palermo, che pure potrebbe suonare con i più famosi quartetti, ha scelto come partner il giovane Quartetto Eos, formatosi nel 2016 e vincitore già due anni dopo del Premio Farulli, nell’ambito del premio “Franco Abbiati” assegnato dalla Critica Musicale Italiana. Da allora questi quattro ex allievi del conservatorio romano hanno avviato una bella carriera in Italia e all’estero, tuttavia hanno la serietà di continuare a perfezionarsi con grandi maestri: attualmente studiano con la viola del disciolto Quartetto Berg, di cui sono diventati i pupilli, tanto che ora suonano quattro strumenti offerti proprio da quello storico quartetto viennese.
Il programma del concerto era molto impegnativo, perché accostava i due quintetti per clarinetto e archi più noti, più importanti e più belli di tutto il repertorio, che dunque richiedono assolutamente un’interpretazione di alto livello. E l’hanno avuta. Il Quintetto in la maggiore K 581 è un vertice della musica da camera di Mozart e si distingue dai suoi quartetti per archi - più seriosi, contrappuntistici e “sperimentali” - per il tono scorrevole, disteso e cordiale. I temi sono cantabili e seducenti e vengono affidati principalmente al clarinetto, ma Palermo non si comporta da primadonna ma da primus inter pares e i cinque strumenti dialogano continuamente in modo delicato, sereno, elegante, sempre vario e vivo. Il suono di Palermo è dolce, morbido, vellutato, non “sfora” mai, nemmeno quando lo strumento è spinto ai limiti della tessitura sia all’acuto che al grave, dove un controllo perfetto del suono diventa più difficile, ma non per lui. Il Quartetto Eos ha un suono terso e preciso, i quattro strumenti sono perfettamente bilanciati tra loro e dialogano in modo ideale con quello che si potrebbe definire il solista, trovando quella tinta un po’ scura voluta da Mozart per una fusione perfetta col timbro del clarinetto.
Tale delicatezza e trasparenza poteva far temere che poi non avrebbero avuto le sonorità più dense e corpose richieste dal Quintetto in si minore op. 115 di Brahms. Ma non è così. Il clarinetto e gli archi sono ora strettamente integrati ed amalgamati (anche la loro disposizione sul palco è cambiata per ottenere questo risultato) e ne nasce un suono caldo, intenso, profondo. Nello splendido Adagio, il clarinetto tocca momenti traboccanti d’intensità e di passione, si slancia verso l’acuto, precipita nel registro grave: Palermo è superlativo. Nel finale di questo stesso movimento il suono suo e degli archi diventa anche meditativo, riflessivo: intendo non il carattere del brano ma proprio il suono, è qualcosa di difficilmente spiegabile, un’impressione che non mi era capitata altre volte. Saltando al quarto movimento, è magistrale il modo con cui gli interpreti valorizzano le peculiarità di ognuna delle sue cinque variazioni ma senza pregiudicare la continuità del brano.
Dunque un bellissimo concerto tanto per le musiche eseguite quanto per l’interpretazione offertane sia da Palermo, ormai un musicista nel pieno della sua maturità, sia dai membri del Quartetto Eos, che essendo giovani hanno ancora qualche margine di miglioramento e infatti - come già detto - continuano a studiare, dimostrando una grande coscenziosità e raccogliendone i frutti.
Alla fine il pubblico li ha ringraziati con calorosi applausi, a cui hanno risposto con un bis, Après un rêve di Gabriel Fauré, ovviamente in una trascrizione dall’originale per voce e pianoforte.
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