Alla Monnaie The time of our singing

Successo per la nuova opera di Kris Defoort

The time of our singing (foto ©Copyright Bernd Uhlig)
The time of our singing (foto ©Copyright Bernd Uhlig)
Recensione
classica
Théâtre de la Monnaie
The time of our singing
14 Settembre 2021 - 26 Settembre 2021

Lavoro riuscito di trasposizione in opera del famoso romanzo omonimo di Richard Powers, pubblicato nel 2003 e ancora attualissimo, che racconta le vicende di una famiglia statunitense, padre ebreo e madre di colore, negli anni del secondo dopoguerra uniti dalla passione per la musica, non distinguendo musica bianca e musica nera, come non lo fanno con il colore della pelle delle persone.

Per aprire la nuova stagione 2021/22 la Monnaie ha affidato il compito di presentare una nuova opera al belga Kris Defoort, compositore e pianista jazz d’avanguardia, che per tre anni ha lavorato a The time of our singing in stretta collaborazione con Peter van Kraaij che ha redatto il libretto in inglese. Il risultato è una partitura che fonde diversi stili musicali, dal Belcanto al rap anche con accenni orientaleggianti, ricca di citazioni, com’è ricco di citazioni anche l’allestimento che si apre con le immagini dello storico concerto del contralto afroamericano Marian Anderson al Lincoln Memorial nel 1939, là dove William e Delia si incontrano e danno avvio ad una storia d’amore che li porterà ad avere tre figli, uno diventerà un famoso cantante d’opera, gli altri due infine, dopo molte traversie, insegnanti di musica di bambini poveri.

Sul podio il direttore afro-canadese Kwamé Ryan è bravo a legare i differenti momenti musicali con l’Orchestra da Camera della Monnaie, - Defoort ha scelto di utilizzare un organico classico ridotto -  affiancata da un talentuoso Ensemble jazz (Mark Turner, Lander Gyselinck, Nicolas Thys, Hendrik Lasure). Il discorso musicale illustra la storia che si svolge in una scena volutamente spoglia, un pianoforte, uno schermo gigante, dei tavoli bianchi multifunzionali e pochi altri oggetti. Il regista americano Ted Huffman punta tutto sul movimento del poco arredo presente da parte degli stessi artisti che restano in scena con i vivi anche quando sono morti, e solo alla fine, al momento della rivolta violenta a Los Angeles in cui il protagonista Jonah muore per una sassata alla testa, tutto viene buttato in aria e messo a soqquadro, ed è una delle scene più belle ed intense della nuova opera.

Lavoro che tocca profondamente e fa riflettere perché è una storia d’amore ma anche di continue ingiustizie, ben raccontata, forse solo in modo un po’ troppo lineare e cronologico, anche ben sviluppata anche musicalmente, più personale e centrata quando descrive caratteri ed emozioni dei protagonisti, solo a tratti dà l’impressione di essere un po’ colonna sonora d’accompagnamento. I cantanti sono tutti ottimi: Jonah è il giovane tenore sudafricano Levy Sekgapane, voce belcantista, bravo, particolarmente intenso nell’interpretazione della scena finale della sua morte; il fratello minore Joey, pianista che fa anche da narratore della storia, è invece il baritono inglese Peter Brathwaite, bel timbro brunito e grande scioltezza in scena; la figlia Ruth, la ribelle che si unisce ai Black Panthers, è invece l’attrice e cantante belga Abigail Abraham, perfetta e bravissima, che da il tocco pop e rap all’opera.

Ma una menzione speciale merita innazitutto Claron Mcfadden nel ruolo di Delia Daley, la dolcissima madre che morirà in casa per un’esplosione forse non accidentale, il soprano americano regala momenti di grande intensità e bravura . E’ affiancata, nella parte del marito David Strom dal baritono inglese Simon Baily, e nella parte del padre, William Daley, dal baritono basso americano Mark S. Doss, completa il cast il mezzosoprano Lilly Jørstad che interpreta Lisette, la cantate bianca che rinuncia al bimbo di Jonah che ha in grembo.

E una menzione speciale meritano anche i bravissimi ragazzini che animano la scuola di musica fondata dai fratelli dove si insegnano insieme musica classica e jazz, un allegro messaggio finale di speranza che un altro mondo senza razzismo e divisioni è possibile.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Napoli: Dvorak apre il San Carlo

classica

Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.

classica

A Colonia l’Orlando di Händel tratta dall’Ariosto e l’Orlando di Virginia Woolf si fondono nel singolare allestimento firmato da Rafael Villalobos con Xavier Sabata protagonista