Un’ Adriana da mattatori
Trionfo personale per Daniel Harding sul podio ed un’emozionante Maria José Siri all’ottantatreesimo Maggio Musicale Fiorentino
La prima cosa da riferire per quest’Adriana Lecouvreur è la trascinante e travolgente appropriazione della partitura in chiave sinfonica compiuta da Daniel Harding. Il direttore inglese ha dato alle invenzioni orchestrali di Cilea un respiro, un’eloquenza, ma anche una finezza di rarefazioni timbriche, un fatato e dolente lirismo ( pensiamo all’introduzione orchestrale del quarto atto), da farcele quasi ascoltare per la prima volta, e pazienza se tanto empito qualche volta ha coperto le voci, cosa che comunque avverrà sempre in questo teatro, fino a quando non si provvederà ad avanzare un po’ il proscenio su una buca grande come una piscina, e a non mettere qualcosa che limiti in fondo un palcoscenico-piazza d’armi. E comunque stavolta anche la potenza e l’intensità del cast non lasciavano certo a desiderare, con una Maria José Siri in una forma vocale e scenica strepitosa, come non l’avevamo sentita mai, nella forza e pienezza come nella levigata delicatezza di certe filature, ed aveva una degna antagonista nella fosca principessa di Bouillon di Ksenia Dudnikova. Anche la parte maschile del cast era più che soddisfacente, con la prestanza vocale di Martin Muehle, Maurizio di Sassonia, e l’affettuosa tornitura del ruolo di Michonnet da parte di Nicola Alaimo. Appropriatamente e accuratamente preparati tutti, nel folto cast. Lo spettacolo, regìa, scene e costumi (Frederic Wake-Walker, Polina Liefers, Julia Katharina Berndt di cui ricordiamo almeno le mises graziosissime del quartetto degli attori nell’ultimo atto), era di taglio tradizionale, in una chiave visualmente agile e ben sorvegliata anche nei momenti scenicamente più complessi, sporcato da qualche escursione ironica di troppo (come la macchietta da avanspettacolo di Bouillon e Chazeuil), ma anche arricchito da buone idee (come certe specularità di codice gestuale di Adriana e della sua antagonista) che cercavano di mettere a frutto in una chiave plasticamente teatrale le regole di distanza imposte oggi dal Covid. Da segnalare come nota positiva le coreografie di Anna Olkhovaya nel divertissement della festa del terzo atto, ispirate ad un Settecento francese galante, vagheggiato di nuovo, tra Watteau e Verlaine. Successo ottimo e un vero e proprio trionfo per la Siri e per Harding.
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