Sei / ascolti #12: Giovanni Verrando

I compositori di oggi si raccontano in sei brani che hanno influenzato il loro modo di pensare e scrivere la musica

Giovanni Verrando Sei Ascolti
Articolo
classica

Contemporanea o colta che dir si voglia, sono molti i nomi che possiamo usare per definire la musica del nostro tempo. Ma cosa si nasconde dietro quelle sonorità, spesso accusate di apparire troppo ostiche o addirittura cerebrali? In questo ciclo di articoli chiediamo ad alcuni compositori "di oggi" di scegliere sei brani di autori diversi che in qualche modo abbiano esercitato una particolare influenza sul loro modo di pensare e scrivere la musica.

Nelle ultime puntate abbiamo incontrato Yannis Kyriakides, Hugues DufourtMichel van der Aa e Mauro LanzaJug Marković, Lorenzo TroianiGiacomo Manzoni e Jörg Widmann

– Leggi le puntate precedenti di Sei/ascolti

Il nome di Giovanni Verrando è legato a un particolare tipo di ricerca verso la cosiddetta nuova liuteria, ovvero strumenti elettrici, digitali, concreti e a percussione capaci di produrre spettri inarmonici, dimostrando così un rapporto diretto con il rumore, con i suoni non armonici. Tale ricerca sul linguaggio, sull'orchestrazione e l'elettronica ha portato Verrando a ricevere commissioni dalle maggiori istituzioni europee, con esecuzioni tra le orchestre ed ensemble più affermati sulla scena internazionale, e i riconoscimenti più ambiti a partire dal Leone d’argento alla 55° Biennale Musica di Venezia come fondatore di RepertorioZero, il gruppo di musicisti con il quale ha collaborato fino al 2018.

Autore di scritti sulla musica, tra tutti il libro La nuova liuteria: orchestrazione, grammatica, estetica come risultato di un progetto sviluppato al Dipartimento di ricerca del Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano, presso il quale insegna orchestrazione e teoria della composizione, è inoltre docente di composizione alla Scuola Civica di Milano, e svolge seminari in Italia e all’estero.

Tra i prossimi impegni, la prima esecuzione di Seventh Born Unicorn per clarinetto amplificato, mezzo-clarinetto filtrante ed elettronica, commissionato da Mdi Ensemble e destinato a un concerto monografico che raccoglierà tutti i brani solistici di Verrando, da First Born Unicorn a Seventh Born Unicorn; alcune repliche di Instrumental Freak Show in Italia e all’estero, dopo la prima tenuta all’ultima edizione de La Biennale di Venezia; Camera Music, una serie di brani concepiti per video ed ensemble in cui il compositore, in video registrato, suonerà insieme a un gruppo di musicisti dal vivo.

1. "Battle Royal", Duke Ellington & Count Basie

«In ordine cronologico. Nell'estate del 1970 i miei genitori mi portano al primo concerto del quale ho ricordo grazie all'imponenza del suono. Sulla linea di frontiera tra Italia e Francia suona Duke Ellington.Vedo da lontano questo signore con un lungo abito bianco che, mentre dirige la sua orchestra di fiati, si gira talvolta verso il pubblico per strizzare l'occhiolino, e il suono di quei musicisti mi impressiona. Poco tempo dopo cercherò Ellington fra i dischi di casa e ritroverò in “Battle Royal” lo stesso suono di quel concerto, qui nella versione a orchestre riunite di Ellington e Basie».

2. "Elephant talk", King Crimson

«L'album Discipline dei King Crimson, 1981, è forse l'evento adolescenziale che ha cambiato il mio modo di ascoltare e poi di pensare musica. L'uso della voce fuori dai miei schemi di sedicenne, il suono elaborato e originale degli strumenti amplificati mi entusiasmarono e mi spinsero a cercare altrove, andando oltre la musica (classico-romantica, primo Novecento, rock di ogni sorta, jazz e fusion) che avevo ascoltato e suonato fino ad allora. Credo che, ad esempio, i gesti vocali di "Elephant talk" abbiano influenzato molto il mio rapporto con la voce».

3. Klavierstück IX, Karlheinz Stockhausen

«Così, da pianista e studente un pò scansafatiche di conservatorio, smisi di suonare principalmente Debussy, Bach e Oscar Peterson (ancora oggi adorati) e cercai altro».

«Così, da pianista e studente un pò scansafatiche di conservatorio, smisi di suonare principalmente Debussy, Bach e Oscar Peterson (ancora oggi adorati) e cercai altro».

«Al proprietario del negozio di dischi della cittadina dove abitavo (un signore musicalmente piuttosto aperto alle novità) chiesi se avesse dischi di musica contemporanea da suggerirmi: tornai a casa con Nono, Stockhausen e Berio. A 18 anni mi iscrissi a Composizione a Milano e ascoltai Stockhausen in concerto alla Fondation Maeght di Saint-Paul de Vence. Analizzammo in classe alcune sue opere, tra cui il Klavierstück IX, brano che mi entusiasmava per la musicalità e per la ricerca, inusuale alle mie orecchie di allora, sulle risonanze del pianoforte. L'interpretazione che ancora oggi più mi convince è quella di Herbert Henck».

4. Lontano, Gyorgy Ligeti

«Tra le materie ufficiali di studio nei conservatori degli anni Ottanta non figurava orchestrazione. Iniziai così da solo ad ascoltare e studiare il suono dell'orchestra novecentesca, procedendo in ordine cronologico inverso: dai contemporanei all'orchestra barocca. In questo percorso, Lontano fu una rivelazione. Ho consumato il disco della Wergo diretto da Ernest Bour».

5. Sinfonia n. 3, Gustav Mahler

«Nei manuali di storia della musica, il paragrafo dedicato a Mahler era scritto con font di piccola taglia, quelli destinati ai compositori minori. Dunque nei primi anni mi sfuggì, anche per mia colpa. Una sera, un amico flautista ci fece ascoltare i Rückert-Lieder. L'ascolto mi aveva così scosso che iniziai a cercare qualunque cd mahleriano. Ancora oggi non saprei cosa preferire: “Urlicht” o il finale della Seconda, l'ultimo movimento della Quarta, il primo della Quinta, i Kindertotenlieder o altro ancora. Scelgo l'ultimo movimento della Terza Sinfonia, modello quasi ineguagliabile di efficacia orchestrale».

6. "Perpetuum Mobile", Einstürzende Neubauten

«Quando negli anni 2000 inizio la seconda vita da compositore, dedita alla ricerca degli strumenti più adatti al mio immaginario di suono, mi imbatto non casualmente in un concerto dal vivo degli Einstürzende Neubauten, dal quale traggo diversi spunti per i test sugli strumenti. In realtà gli ascolti di quegli anni sono molti, diversissimi fra loro e focalizzati innanzitutto sulla personalizzazione dei mezzi strumentali: Aufgehoben, Pansonic, Aphex Twin, e d'altro lato Harry Partch, lo Stockhausen di Trans, il Lachenmann di Guero, Grisey ovviamente. Scelgo questo brano degli Einstürzende Neubauten proprio per la quantità di spunti che mi offrì».

– Leggi anche: Lévinas e l'essere del silenzio

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