Il Festival dei Due Mondi a Spoleto, sfidando la pandemia
Presentato dalla neodirettrice artistica Monique Veaute il programma del 2021 del Festival di Spoleto
Si svolgerà dal 25 giugno all’11 luglio la sessantaquattresima edizione del Festival dei Due Mondi di Spoleto, la prima che reca la firma di Monique Veaute, la nuova direttrice artistica succeduta a Giorgio Ferrara. E nel programma del 2021 la firma della fondatrice di RomaEuropa è riconoscibilissima, se appena si conosce questo fortunatissimo festival romano; ma d’altra parte si riconoscono sempre benissimo anche i caratteri fondamentali impressi al festival spoletino dal suo fondatore Gian Carlo Menotti, che partiva naturalmente dai suoi interessi di musicista ma li allargava alla danza, alla prosa e alle altre arti performative… prima ancora che si cominciasse ad usare questa locuzione oggi diventata non soltanto di moda ma indispensabile per indicare spettacoli che contaminano le varie arti. Insomma Spoleto senza saperlo era già un festival delle arti performative ante litteram, prima che ora la Veaute lo definisse esplicitamente così.
Ovviamente la programmazione per il 2021 ha dovuto tener conto delle limitazioni imposte dalla pandemia, che comunque continua a gettare la sua ombra inquietante sulla possibilità stessa di poter realizzare quanto annunciato nella conferenza stampa, come già si è verificato lo scorso anno, quando si dovettero posticipare le date e ripensare radicalmente il programma.
Come già si sarà inteso, molti degli spettacoli in programma - o performance o eventi – consistono in eventi di arti performative, sono cioè un’unione inscindibile di teatro, di danza, di musica e altri suoni e anche di circo, di fuochi d’artificio e di tutto ciò che un autore o un performer possa desiderare. Ma la musica nel vecchio senso ha ancora uno spazio molto ampio, si potrebbe anche dire sorprendente… e non ce ne lamentiamo.
Ci saranno innanzitutto due orchestre in residenza, entrambe appartenenti all’aristocrazia delle migliori dieci orchestre del mondo, secondo la classifica di BBC Music Magazine. Una è la Budapest Festival Orchestra, che col suo fondatore e direttore principale Ivan Fischer inaugura il festival il 25 giugno nello splendore di Piazza Duomo alla luce del crepuscolo: invece del programma popolare tipico dei concerti in piazza, si ascolterà un raffinato programma di autori francesi del Novecento, Milhaud, Satie e Ravel (no, non Bolero). Inoltre i musicisti dell’orchestra presenteranno anche tre programmi di musica da camera, ripetuti più volte in varie chiese della città il 25, 26 e 27 giugno.
Similmente l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia darà due concerto in Piazza Duomo. Il 27 giugno con musiche di Debussy e Stravinskij, dirette da Pascal Rophé, con Anna Caterina Antonacci tra i solisti dell’Oedipus Rex. L’11 luglio per il concerto di chiusura con musiche orientalizzanti di Rossini, Say e Rimskij-Korsakov dirette da Antonio Pappano. Inoltre ci saranno alcuni concerti da camera dei musicisti dell’orchestra, in uno dei quali lo stesso Pappano al pianoforte suonerà musiche di Brahms insieme ad Alessandro Carbonare e Luigi Piovano, rispettivamente primo clarinetto e primo violoncello dell’orchestra romana. Da segnalare anche il concerto del giovane Quartetto Werther, vincitore del Premio Farulli della critica musicale italiana come miglior gruppo cameristico.
Sempre tra i concerti, è da segnalare il recital ripetuto tre volte dal 2 al 4 luglio della pianista franco-albanese Marie Ange Nguci, al suo debutto in Italia. Sebbene non notissimo in Italia, è invece una star internazionale l’italo-lussemburghese Francesco Tristano, che passa senza troppe distinzioni di genere dalle serate in discoteca in cui suona fino all’alba ai recital bachiani: a Spoleto il 3 luglio suonerà Bach, ma alternando pianoforte e sintetizzatore. C’è posto anche per la musica medioevale, più esattamente quella del tempo di Dante, presentata dall’Ensemble Micrologus il 9 luglio. Due serate di jazz che gli appassionati non vorranno perdere sono i concerti del Fred Herscher Trio e di Brad Mehldau, rispettivamente il 2 e il 4 luglio.
Quest’anno la grande assente sarà l’opera – non sappiamo se per scelta o, come è più probabile, per i problemi creati dal Covid-19 – ma tale assenza sarà in qualche modo compensata dall’oratorio drammatico Jeanne d'Arc au Bûcher di Honegger, realizzato come opera-film da Romeo Castellucci, che può essere considerato un regista emblematico della filosofia della Veaute (il 28 giugno).
Ampio invece lo spazio riservato alla danza, beninteso non quella accademica. Si vedranno due diverse ma egualmente originali e interessanti versioni del Sacre du printemps di Stravinskij, entrambe filmate a causa dell’impossibilità di realizzarle dal vivo in loco. La prima, intitolata Dancing at Dusk, riprende l’ormai storica coreografia di Pina Bausch, ora realizzata da trentotto danzatori provenienti da quattordici paesi africani. Una diversa edizione del Sacre – anche questa realizzata come film – è quella dell’ensemble australiano Circa, compagnia di circo contemporaneo di fama internazionale. Potrebbe invece sembrare legato alla danza accademica Le lac des cygnes di Cajkovskij (con l’aggiunta di musiche contemporanee) ma la coreografia di Angelin Preljocaj smentisce tale ipotesi: lo si potrà vedere dal 9 all’11 luglio, in questo caso dal vivo. La danza non finisce qui e sfocia spesso in spettacoli che contaminano musica, danza e teatro, dando vita ad unicache sfuggono ad ogni definizione e che possono rivelarsi molto interessanti.
Per orientarsi nel labirinto delle tante proposte e crearsi un proprio calendario di spettacoli da seguire, la soluzione migliore – anzi l’unica - è andare sul sito del festival
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