La cromatica sensibilità di Federica Michisanti
Il nuovo lavoro del Federica Michisanti Horn Trio conferma il talento della contrabbassista romana
La musica ariosa e cameristica della contrabbassista e compositrice Federica Michisanti, vincitrice nel 2018 del Top Jazz come miglior Nuovo Talento e del Premio Siae nel 2019, pare tratteggiare linee e forme dalla consistenza quasi tangibile, come sprigionate da un’ampia e munifica tavolozza timbrica, che è materica fusione di colori, oltre che di luminosi suoni irradiati nello spazio.
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Abituata fin dagli esordi a prediligere la gestione delle più libere e disancorate dinamiche del trio drumless, formazione (per quanto la riguarda) anche priva di strumentazione armonica oltre che di riferimenti espressamente ritmici, in questo brioso e rilassato Jeux de Couleurs, intessuto di valorose composizioni originali, seguito dell’apprezzato Silent Rides (Filibusta Records), la talentuosa musicista romana, oggi approdata alla prestigiosa Parco della Musica Records, torna a registrare in studio con gli altri due valorosi componenti del suo ormai affermato Horn Trio, vale a dire gli ottimi Francesco Bigoni (sax tenore e clarinetto) e Francesco Lento (tromba e flicorno), i quali si confermano ancora una volta suoi assoluti complici nell’allestire le “cantabili” e cromatiche – nel senso di dichiaratamente sinestesiche (ad ogni composizione qui è affidata la rappresentazione di un colore) – orchestrazioni splendidamente immaginate per questo nuovo lavoro del terzetto.
Un album di pregevole fattura con il quale la Michisanti prosegue brillantemente la sua accattivante e sperimentale ricerca musicale, dedita a una sorta di nuova declinazione del cosiddetto concetto di third stream, storica commistione tra approccio classico, accademico, euro colto, e gli stilemi felpati e dinoccolati del jazz, in un’illuminata fantasiosa alternanza, anche all’interno dello stesso brano, di predefinite coordinate compositive e momenti invece di imprevedibile ed impertinente improvvisazione, all’occorrenza anche swingante o più idiomaticamente jazzistica ("Aka", "Amarillo", "Orange").
Una registrazione nella quale echi di Tin Pan Alley e moderno neoclassicismo europeo (si ascolti solo che l’iniziale e suggestiva "Qualb - Il verde"), associati a calibrati ed eleganti intarsi dall’intimo carattere contrappuntistico (potremmo dire giuffreiani – si ascolti la forbita "Weiss"), convivono con più evidenti e connaturate cadenze jazzistiche, spesso sfocianti in una più indisciplinata e divergente estemporaneità, soprattutto quando svincolata da idee tematiche di partenza o come nella programmatica ed avanguardistica suite conclusiva ("Improvisation des couleurs") espressione di una vera e propria intrigante libertà “movimentista”.
A dare maggiore lustro all’intera operazione ci pensa, come già accennato, l’affiatata interazione tra i tre, che sembrano davvero intendersi alla perfezione, in un continuo, vivace ed eclettico avvicendamento di ruoli e responsabilità, con il contrabbasso della Michisanti (chambersiano e al contempo mingusiano) a far sì da centro di gravità, ma anche da primus inter pares. Complimenti.