Si è conclusa ormai da più di un mese la ventiquattresima edizione di Natura Dèi Teatri di Lenz Fondazione, festival di Visual & Performing Arts che dal 31 ottobre al 30 novembre ha presentato in tre luoghi simbolo della città di Parma – il Teatro Farnese all'interno del Complesso Monumentale della Pilotta, il Cimitero Monumentale della Villetta e gli spazi post-industriali di Lenz Teatro – sedici diverse proposte performative, di cui cinque prime assolute.
Una programmazione che ha attraversato molteplici forme dell’arte scenica degli ultimi decenni rispecchiate dal lavoro di artisti di diverse generazioni, provenienze, poetiche e discipline. A proposito del ruolo rivestito dal dato musicale, nel quadro della concezione espressiva di questa manifestazione, abbiamo posto qualche domanda Francesco Pititto, direttore assieme a Maria Federica Maestri del festival.
Nel cartellone del Festival Natura Dèi Teatri di Lenz da poco concluso, era presente tra l’altro Orestea Concert, performance che ha coinvolto anche il compositore elettronico e video-artista berlinese Lillevan. Come è nata questa collaborazione?
«Lillevan, compositore elettronico e video-artista berlinese, co-fondatore del gruppo audiovisivo Rechenzentrum, è stato per la prima volta ospite di Lenz nel 2007 nella rassegna As a Little Phoenix del Progetto Radical Change, poi a Natura Dèi Teatri 2009 e nel 2016 con due performance sonoro-visuali realizzate ad hoc per il Festival. Nel 2011 ha creato le musiche per il primo capitolo del progetto Aeneis / La corsa del cinghiale, progetto Virgilio e il triennio 2018-2020 lo ha visto impegnato nel disegno musicale della trilogia dedicata da Lenz all’Orestea di Eschilo. Lillevan ha composto ed eseguito live al Teatro Farnese Orestea Concert, una scrittura musicale eseguita direttamente sulle immagini che ho realizzato come parte integrante e ricerca imagoturgica per il progetto Orestea. Lillevan ha, inoltre, inaugurato, con la performance sonora Eventually Elusive l’opera permanente Sentences. Time, Past, Present and Future di Maurizio Nannucci al Complesso Monumentale della Pilotta di Parma».
Orestea Concert fa parte di un progetto triennale di più ampio respiro: di cosa si tratta?
«Orestea Concert è un esperimento all’interno del work in progress della messa in scena e della drammaturgia dei tre capitoli sulla trilogia tragica di Eschilo. Nelle prime due traduzioni sceniche, #Nidi e #Latte, non era presente l’immagine che chiamiamo imagoturgica, cioè creata ad hoc e in sintonia drammaturgica con il testo e il lavoro attoriale, l’immagine che entra a far parte dell’installazione scenica come elemento dialettico e paritario alle altre funzioni in campo. Ho però voluto sperimentare una nuova modalità, trarre dalla scena reale frammenti visivi per una ricomposizione filmica e concettuale destinata a una scrittura esclusivamente musicale. Un’imagoturgia per una composizione, esclusiva, come ulteriore stimolo creativo per il progetto. In particolare per il terzo capitolo che porterà il titolo di #Pupilla. Il site-specific al Teatro Farnese ha fornito poi ulteriori possibilità e riflessioni».
«L’esecuzione di Lillevan con lo sguardo sempre rivolto alle immagini, lo scorrere del video sul computer in parallelo alle modulazioni live della composizione musicale sono state, a mio avviso, una nuova modalità del concerto elettronico dal vivo».
«L’esecuzione di Lillevan con lo sguardo sempre rivolto alle immagini, lo scorrere del video sul computer in parallelo alle modulazioni live della composizione musicale sono state, a mio avviso, una nuova modalità del concerto elettronico dal vivo, di solito eseguito con videoproiezione alle spalle del performer. Essendo poi Lillevan il curatore musicale dell’intera trilogia ha potuto creare su nuovi elementi formali, oltre a quelli evidenziati nella drammaturgia e nella messa in scena in progress, cioè durante le prove».
Nei progetti di Lenz l’aspetto musicale – e sonoro in generale – riveste spesso un ruolo, diciamo così, “drammaturgicamente attivo”… Come inserisci questo elemento nel quadro del linguaggio espressivo più ampio delle tue immagoturgie?
«La scrittura musicale è sempre stata presente nelle opere di Lenz, fin dall’inizio. Ricordo che nei primi anni, per alcuni lavori su Dostoevskij e Majakovskij le musiche erano firmate da Martino Traversa, sempre per Dostoevskij venne realizzata un’opera radiofonica per Rai Radiouno Audiobox, “spazio multicodice” di Pinotto Fava, con le musiche di Patrizia Mattioli e la regia di Maria Federica Maestri. Poi diverse scritture sonore con Adriano Engelbrecht e moltissime opere – ultime le grandi installazioni site-specific sulla Divina Commedia, Autodafé e Verdi Macbeth per il festival Verdi – con la musica di Andrea Azzali, sempre creativa e originale».
Macbeth, la de-composizione del male
«Dal 2007 abbiamo sviluppato un nuovo concetto di scenografia, optato per una composizione scenica più ampia, una modificazione linguistica necessaria dove lo spazio e l’immagine entravano a far parte dell'affresco drammaturgico e scenico. Ho sempre tradotto, riscritto e adattato tutti i testi degli autori sui quali facevamo ricerca, a un certo punto le immagini che mi arrivavano dalla scrittura e dalle prove in scena ho deciso di riportarle on stage, dentro il tempo della rappresentazione. Poi con Robin Rimbaud, Scanner, per Verdi Re Lear –commissione del festival Verdi 2016 – e Imperial Staircase – per l’inaugurazione dello Scalone Monumentale della Pilotta. Attualmente stanno scrivendo per Lenz Claudio Rocchetti per il progetto triennale Il Passato imminente – sue le musiche per Il Grande Teatro del Mondo e La Vida es Sueño auto sacramental – che si concluderà nel 2020 con La vita è sogno, per Parma Capitale della Cultura 2020, e Lillevan per la drammaturgia musicale della trilogia eschilea, oltre naturalmente il già citato Orestea Concert».
L’allegoria disarmata dell’esistenza
Quale bilancio puoi fare dell’edizione del festival appena conclusa?
«Direi che siamo molto soddisfatti, la caratterizzazione multidisciplinare e delle residenze artistiche diventa sempre più un segno distintivo del festival. Non solo eventi tra tanti eventi che la città offre, e che forse occorrerebbe razionalizzare per permettere una partecipazione senza sovrapposizioni o surplus d’offerta culturale, ma anche approfondimento e ospitalità d’eccezione come quella, ad esempio, di Marcello Sambati, icona del teatro sperimentale italiano, oltre i tanti ospiti e in particolare quelli internazionali in residenza come Boris Kadin, Tim Spooner e Lillevan. Per quanto riguarda il nostro territorio di riferimento di ricerca e sperimentazione, dopo Tenero e Liscio/Striato continueremo a farci ispirare da Jean Luc Nancy e Gilles Deleuze con Sforzo per la prossima edizione 2020, mantenendo come titolo principale il concetto del Toccare. Sono sottotitoli che si espandono a rizoma e stimolano a crescite orizzontali di visioni e idee, sempre però interconnesse e che si alimentano a vicenda. Come già anticipato in conferenza stampa, la prossima edizione sarà tutta al femminile sia nell’ospitalità che nella partecipazione critica e di approfondimento».