I suoni spiritosi del café-concert
A Parigi Rodolphe Briand e Vincent Leterme presentano una piccola antologia dedicata alle canzoni dei café-concert per i Bouffes del Bru Zane allo Studio Marigny
Sulla scena vuota, il pianista si lancia in pezzi da concerto. Dal fondo della sala un signore vestito in maniera eccentrica lo invita a lasciar perdere. La musica per pianoforte solista lo infastidisce: molto meglio se il pianista si limita ad accompagnare la voce. “Ça m’agace !” è (ovviamente) il primo dei 13 numeri musicali cuciti insieme fra molti giochi di parole e salaci doppi sensi presi in prestito da vari testi del re della farsa Georges Feydeau e del biologo e farmacista ma soprattutto umorista e funambolo della lingua Alphonse Allais. J'aime pas les concerts ... mais j'prendrais bien un café ! è il titolo dello spettacolo concepito come omaggio allo sterminato repertorio del café-concert dal tenore Rodolphe Briand con la complicità del brillante pianista (ma non solo) Vincent Leterme. Nato sotto l’egida del Palazzetto Bru Zane, dopo la tournée lunga un anno e cominciata dal festival veneziano dedicato a Jacques Offenbach approda ai Bouffes du Bru Zane per la seconda stagione nel parigino Studio Marigny a conclusione della offenbachiade del bicentenario.
Il nome di Offenbach non compare in questa piccola antologia di compositori per lo più sconosciuti – Émile Ettling, Charles Borel-Clerc, Raoul Georges, Félix Chaudoir, Léopold Gangloff, Ernest Cabaner, Claude Terrasse, Frantz Liouville, Aristide Bruant, Émile Waldteufel Edmond Audran – ma lo spirito disinvoltamente beffardo è quello che nutrì il grande operettista, che proprio a partire dall’antenato del Théâtre Marigny, il Théâtre des Bouffes-Parisiens e quindi Bouffes d’été, cominciò la sua folgorante carriera. Autentica istituzione parigina i “café-concerts” nascono già alla fine del XVIII secolo ma esplodono nel corso del XIX, luoghi di puro svago ma anche di incontri e di discussione oltre che piccoli osservatòri sul mondo per artisti in cerca di nutrimento per l’ispirazione, come per Henry de Toulouse-Lautrec, il più acuto ritrattista di quell’universo interclassista. Le sue tavole restituiscono soprattutto il colore di quel mondo ma non i suoni. Almeno fino a questa prima incursione nell’articolato repertorio musicale di quel mondo.
Per questa piccola antologia fra sciocchezze sublimi e assurdità quotidiane, Rodolphe Briand e Vincent Leterme accompagnano con spirito e garbo gli spettatori fra aliti alla menta, cilindri smarriti e escursioni culinarie, come quella di “Le hareng saur” (l’aringa affumicata), celebre filastrocca spiritosa di Charles Cros mandata a memoria da generazioni di scolari francesi cui la musica di Ernest Cabaner aggiunge un tocco di surrealismo, oppure quelle degli spiritosi calembour porcini di Franc-Nohain messi in musica da Claude Terrasse delle Trois chansons à la charcutière (ossia alla salumiera) con una lugubre marcia funebre dedicata “À la mort d’Adèle”, che chissà non avesse davvero origini bolognesi. Anche quando si va sul serio e si parla nientemeno che Monsieur Wagnèr (che non è il farmacista del quartiere, come chiede Briand) non si può far a meno di sorridere con due delle cartoline dei Souvenirs de Bayreuth, spassosa parodia degli esasperati umori del Ringconcatenati in una spigliata quadriglia composta da due sinceri filowagneriani come Gabriel Fauré e André Messager, freschi di pellegrinaggio nel tempio del Maestro. Gran finale con il languido duetto a colpi di gloglottii di Bettina, la guardiana dei tacchini, e belati di Pippo il pastore dall’operetta La Mascotte di Edmond Audran con Briand truccato per metà da uomo e per l’altra metà da donna.
Molte risate, applausi sinceri. E ancora una volta va reso merito all’inesauribile curiosità del team del Palazzetto Bru Zane per questa divertente incursione nel mondo dei “café-concerts” che c’è da augurarsi non resti isolata.
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