Herrewege e le stupende traiettorie del repertorio vocale tedesco

A Perugia, per la Sagra Musicale Umbra, un concerto con un repertorio raramente eseguito in Italia

Concerto Herreweghe, Sagra Musicale Umbra
Concerto Herreweghe, Sagra Musicale Umbra
Recensione
classica
Basilica di San Pietro, Perugia
Concerto Herreweghe
15 Settembre 2019

Un plauso innanzitutto va alla scelta di aver inserito un concerto – peraltro evento di spicco nel calendario di quest’anno della Sagra Musicale Umbra – con un programma che apparentemente poteva essere considerato di difficile ascolto e di poca attrattiva per il pubblico. La musica sacra corale scritta in Germania nel XIX secolo, che nel nostro paese viene raramente proposta, è infatti di straordinaria bellezza e, come ha confermato il folto pubblico presente nella Basilica di San Pietro a Perugia, la sua presenza in un programma quasi monografico non scoraggia affatto gli appassionati di musica classica. Bellezza che, ai presenti, si è presentata in triplice forma: quella innanzitutto del repertorio eseguito, quella dell’incantevole scenario offerto da questa Basilica e, non ultimo, quella offerto da un’interpretazione ai massimi livelli. Come del resto ci si poteva aspettare da Philippe Herreweghe, che ha guidato – con la sua consueta semplicità di gesti dietro cui si cela elevata competenza e una profonda partecipazione alla musica – il ‘suo’ Collegium Vocale Gent, insieme a vari strumentisti dell’Orchestre des Champs-Elysées. Un viaggio attraverso la religiosità tedesca che si è aperto con una breve ma intensa cantata di Mendelssohn e si è spinto fino a Brahms, autore di un mottetto su testi della più severa tradizione luterana. Warum ist das Licht gegehen dem Mühselingen partiva infatti dal Libro di Giobbe e dalle Lamentazioni di Geremia per interrogarsi sul senso dell’infelicità umana che trova pace solo nella volontà di Dio, ma prima di arrivare a questa conclusione indicata dal Vangelo, tante volte è risuonata, accorata e implorante, quella domanda Warum? che Brahms, in questo piccolo capolavoro, carica di estrema tensione espressiva. Il musicista che comunque ha quasi monopolizzato la scena è stato sicuramente Anton Bruckner, anche qui un nome tutt’altro che frequente nella programmazione italiana, interpretato in maniera sublime da Herreweghee dal suo gruppo. Oltre a un breve graduale, proposto nella prima parte del concerto, ha impressionato soprattutto la Messa n. 2 in mi minore, lavoro la cui edizione definitiva risale al 1882 e che ha occupato l’intera seconda parte. Vero, ad affascinare è anche il connubio tra questa musica e l’appropriato contesto di uno dei più bei luoghi sacri di questa regione, ma a colpire maggiormente resta il linguaggio peculiare del musicista austriaco, che padroneggia alla perfezione la vocalità corale. Una scrittura estremamente varia dal punto di vista melodico, stilisticamente agile e sempre espressiva, capace di sottolineare in modo indelebile i momenti più forti del testo dell’Ordinarium Missae: dai festosi accenti del Gloria, dove le voci e gli strumenti sembravano rincorrersi su ritmi particolarmente vivaci al suggestivo e sommesso ‘mortuorum’, quasi un atto di umiltà nell’esprimere la fede nella resurrezione finale enunciata al termine del Credo. Coro e strumentisti hanno insomma seguito fin nei minimi dettagli – mostrando alta padronanza della dinamica e una costante chiarezza nell’equilibrio sonoro – l’interpretazione di forte impatto che Herrewegheha voluto offrire di questo musicista, il quale, alla fine dell’Ottocento, riusciva a individuare un proprio originale linguaggio per rappresentare le invocazioni dell’uomo, i suo dubbi, la sua fede religiosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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