Keith Tippett, gigante del piano solo
La ristampa di The Unlonely Raindancer (con inediti) rivela il primo, straordinario tour in solo di Keith Tippett nel 1979
4 orizzontale: Keith stratosferico in piano solo.
Sette lettere, nelle ultime tre caselle avete già …ett.
Facile direte voi, dai la sapete… è Jarrett!
E invece no.
Ovviamente ci starebbe sia enigmisticamente che musicalmente, ma il Keith in piano solo di cui voglio parlarvi oggi è un altro, per certi versi non meno geniale e originale, Keith Tippett.
Protagonista indiscusso – spesso assieme alla moglie, Julie Driscoll Tippetts, delle articolate vicende del jazz (e non solo) inglese, il pianista si è misurato sin dalla fine degli anni Sessanta – quando arriva a Londra dalla nativa Bristol – con il fervido intreccio tra jazz, rock, libera improvvisazione, passando con disinvoltura dalla collaborazione con i Blue Notes alle preziose “comparsate” in studio con i King Crimson, guidando progetti personali sempre all’insegna di una vorace creatività.
Sul finire degli anni Settanta, complice la difficoltà economica di muoversi con altri musicisti a carico (curiosa nemesi per chi aveva osato sfidare la ragionevolezza con un’orchestra ipertrofica come Centipede!), Tippett decide di affrontare un tour in Olanda in totale solitudine musicale.
Con lui c’è l’amico Rob Sötemann, che è un protagonista indispensabile di questa vicenda: facendosi più che uno e trino, autista, agente e fonico, Sötemann non solo rende possibile il tour ma lo documenta – scegliendo i brani e eliminando nell’editing gli applausi – in un doppio lp per la propria etichetta Universal Productions.
Sebbene il master di quei dischi sia andato perduto, le registrazioni del tour (più di 10 ore di musica) sono state conservate dalla meravigliosa Hazel Miller (vedova del contrabbassista Harry e anima dell’etichetta Ogun), consentendo così a Martin Archer della Discus il certosino lavoro di recupero e ricostruzione del disco originale per questa ristampa di The Unlonely Raindancer.
Curiosamente, ma non troppo (quella del piano solo è avventura che più di un “grande” ha affrontato solo tardivamente o, a volte, anche mai), il tour olandese – seguito anche da altre date, tra cui una milanese di cui si può trovare in rete una registrazione – costituiva la prima volta di Tippett nel cimentarsi in solitaria.
La prima di una importante serie (per motivi sia “pratici” che espressivi, il solo e il duo con Julie hanno svolto un ruolo consistente negli ultimi lustri) che troverà in dischi come The Dartington Concerti o alcuni momenti della serie Mujician, non ultimo quello registrato a Piacenza e pubblicato dalla Dark Companion.
In The Unlonely Raindancer esce già potentissimo l’intero universo pianistico di Tippett: il fantastico controllo di tutta la tastiera, il sensuale viluppo del suono che rapidamente conduce a una dimensione fuori dal tempo, il procedere per rivoli di arpeggi (caratteristica che lo allontana dal linguaggio più propriamente jazz e di libera improvvisazione europea) che si accumulano in onde sempre più spumose e travolgenti, la continua chiarezza melodica.
Le due versioni di “Tortworth Oak” sono limpide e a tratti abbacinanti, così come il digitare frenetico sul registro più alto dello strumento che caratterizza la title track. Ma non c’è momento di questo disco, dalle più quiete “Thank You God For My Wife And Children” e “The Pool”, passando per l’incombente “The Muted Melody” e giungere al rapido finale alla cetra di “Midnight Snow Walk”, che non si abbia la sensazione di un flusso urgente e illuminato dalla grazia musicale.
Lavoro spettacolare, assolutamente indispensabile non solo per chi segue la musica di questo Keith, ma anche per i tanti che hanno voglia di scoprire gemme di piano solo che non siano solamente quelle dell’altro Keith.