Torna Novara Jazz, ma non è evidentemente un’edizione come tutte le altre: quella dal 23 maggio al 9 giugno 2019 sarà la sedicesima edizione, ma è naturale pensarla come edizione-ponte verso la European Jazz Conference di settembre, quando a Novara – grazie all’organizzazione di Novara Jazz e a Europe Jazz Network – si ritroveranno i professionisti del settore da tutta Europa. Sarà un momento di grande visibilità per Novara, per l’Italia e per il jazz italiano
Novara al centro del jazz europeo
Naturale quindi chiacchierare con Corrado Beldì (che insieme a Riccardo Cigolotti ha "inventato" e dirige Novara Jazz) in vista della nuova edizione, per scoprire insieme il ricco programma e – soprattutto – le politiche culturali che lo animano.
È un’edizione importante per Novara Jazz, anche perché “di passaggio” verso la European Jazz Conference di settembre. In che cosa è diverso, questo festival 2019, e come procedono i preparativi?
«Abbiamo ulteriormente allargato il raggio d’azione, aggiungendo due nuovi comuni della provincia di Novara, una camminata nei boschi, una serie di performance in un museo d’arte contadina e una collaborazione sempre più forte con i produttori del consorzio tutela nebbioli e con i produttori locali, per lavorare un connubio sempre più forte tra l’esperienza della musica di ricerca in luoghi di interesse storico e la divulgazione musicale».
«In un anno così importante, per la EJC a Novara, abbiamo rafforzato i ponti con l’Europa, anche perché a settembre a Novara avremo un programma davvero articolato sul jazz italiano».
«In un anno così importante, per la EJC a Novara, abbiamo rafforzato i ponti con l’Europa, anche perché a settembre a Novara avremo un programma davvero articolato sul jazz italiano».
Come è nata l’idea di riservare alla Francia uno spazio rilevante del Festival del 2019?
«Oltre alla consueta residenza – per l'edizione in corso affidata al progetto Travelers di Matteo Bortone con l'aggiunta di Yannick Lestra – quest’anno avremo due focus, Francia e Olanda, il primo particolarmente importante con oltre 15 concerti grazie alla collaborazione con Jazz Migration e il ritorno di Marmite Infernale che ho ascoltato a Parigi due anni fa e mi ha entusiasmato, un pezzo di storia del jazz europeo da troppo tempo assente dalle scene italiane».
C’è in effetti molta curiosità per La Marmite Infernale, l'8 giugno a Novara, raccontaci qualcosa di questa orchestra.
«Marmite Infernale è un mondo di musica e di vita, una scuola, una comunità, un’idea di creazione collettiva, democratica e scanzonata. Proseguiamo con loro la serie di gruppi europei che lavorano sulla sintesi tra avanguardia e tradizione folk europea, dal Kollektief di Willem Breuker all’Instabile, da ICP a Fire Orchestra, fino a questa formidabile orchestra che ha segnato due generazioni del jazz francese».
La domanda abituale: come appassionato – prima che come direttore artistico – quali sono i concerti da non perdere di questo Novara Jazz, quelli che aspetti con più curiosità?
«Raddoppio la domanda e dunque la risposta. Per Riccardo Cigolotti i concerti da non perdere sono Ill Considered (31 maggio) e Animanz (1 giugno). Per me senza dubbio il solo di Barre Phillips (9 giugno) e il concerto di Sanne Huijbregts alla Sala del Compasso sulla Cupola di San Gaudenzio (2 giugno), una performer davvero originale che siamo orgogliosi di portare in Italia».
E per il futuro?
«Difficile trovare nuove sfide. Nel 2020 vorremmo iniziare a utilizzare il Battistero romanico di Novara per una serie di concerti in solo, probabilmente tromba e flicorno, il suono ideale niente per un ambiente come quello. Dal 2021, se sarà terminato il restauro, vorremmo inaugurare una serie di soli d’organo nella chiesa di San Giovanni Decollato. Altre due grandi sfide per raccontare le scene più attuali dell’improvvisazione».
«Anche se le nostre politiche di promozione hanno 30 anni di ritardo dal resto dell’Europa, noi abbiamo una scena musicale che non ha nulla da invidiare gli altri paesi».
«Questo può essere l’anno della svolta, grazie al lavoro che stiamo facendo con I-Jazz e la forte collaborazione con MIDJ si apre la prospettiva di un progetto di esportazione del nostro jazz. Anche se le nostre politiche di promozione hanno 30 anni di ritardo dal resto dell’Europa, noi abbiamo una scena musicale che non ha nulla da invidiare gli altri paesi. Siamo di fronte a un bivio, lavorare sulle rendite di posizione oppure costruire tutti insieme, all’interno della Federazione “Il Jazz Italiano”, un grande progetto di promozione europea del “Jazz in Italy”. Un progetto epocale. Abbiamo in Alberto Bonisoli un Ministro attento. Se riusciremo a costruire e stabilizzare questo progetto, lasceremo una formidabile eredità alle future generazioni».
«Abbiamo in Alberto Bonisoli un Ministro attento. Se riusciremo a costruire e stabilizzare questo progetto, lasceremo una formidabile eredità alle future generazioni».