Un Requiem di Mozart in chiaroscuro

L’opera incompiuta del salisburghese ha chiuso la stagione lirica del Regio di Parma

Mozart, Requiem K 626
Mozart, Requiem K 626
Recensione
classica
Parma, Teatro Regio
Mozart, Requiem K 626
03 Maggio 2019 - 05 Maggio 2019

Il Teatro Regio di Parma ha scelto di chiudere la propria stagione lirica con il Requiem di Mozart, proposto nell'ambito di un appuntamento – aperto da un'altra pagina del salisburghese quale l'Ave Verum Corpus– dedicato a Peter Maag, direttore d’orchestra più volte protagonista sul podio del teatro parmigiano dagli anni ’60 sino alla fine degli anni ’90, in occasione del centenario della sua nascita.

Sappiamo che il fascino della “messa da morto” mozartiana, al di là della cifra musicale strettamente intesa, è nutrito da un lato dal mistero che intride la sua genesi e, dall'altro, dalle varie narrazioni che da questo stesso mistero sono scaturite. In quest'ottica uno degli esempi più celebri ed emblematici è rappresentato dal film Amadeusrealizzato nel 1984 da Miloš Forman, a sua volta tratto dall'omonima piéce teatrale di Peter Shaffer liberamente ispirata alla vita del compositore.

Una visione romanzata che trova proprio nel racconto della composizione delle diverse pagine incompiute del Requiemgli attimi finali della vita dell’artista. Ossessionato da quest'opera voluta da un misterioso committente – nella realtà identificato con il Conte Franz Von Walsegg, aspirante compositore con l’abitudine di attribuirsi la paternità di opere altrui – Mozart attraversa quindi gli ultimi istanti della propria esistenza consegnando a queste note il senso trascendente di un ideale testamento artistico e umano.

Se in questa lettura la musica di Mozart – nel film di Forman le esecuzioni sono affidate all'Academy of Saint Martin-in-the-Fields diretta da Sir Neville Marriner e  al Coro di Westminster Abbey diretto da Simon Preston – incarna una sorta di controcanto alla narrazione filmica, la dimensione originale della pagina racchiude senza dubbio una forte carica drammatica, custodita in una invenzione compositiva estremamente ispirata. In questo quadro, ogni occasione per l’ascolto dal vivo di quest’opera rappresenta una preziosa opportunità per entrare nelle pieghe più profonde dell’estremo capolavoro mozartiano.

Un’occasione che, venendo all’appuntamento parmigiano, è stata colta solo a metà a giudicare dall’esecuzione offerta in questa circostanza (abbiamo seguito la prima serata in cartellone), che vedeva impegnate le voci soliste di Jessica Pratt, Veta Pilipenko, Luciano Ganci e Michele Pertusi dirette da Carlo Montanaro alla guida della Filarmonica dell’Opera Italiana “Bruno Bartoletti” e del Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani. Già dalla restituzione dell’Ave Verum Corpus– pagina composta nel giugno del 1791, qualche mese prima della morte dell’autore – la delicata filigrana intessuta da Mozart è parsa un poco appiattita da un approccio interpretativo giocato sui contrasti, un dato confermato anche nel successivo Requiem. Qui la plastica vivacità della gestualità di Montanaro ha attraversato le diverse parti dell’opera ora staccando tempi vivaci – “Dies irae” – ora scegliendo scarti dinamici decisi – “Confutatis” – rinunciando ad indagare le sottigliezze strumentali ed espressive custodite da questa pagina in favore di chiaroscuri timbrici a tratti oltremodo stentorei, coinvolgendo in questo andamento anche gli interventi vocali solistici.

Alla fine della serata gli applausi del pubblico presente hanno comunque salutato tutti gli artisti impegnati.

 

 

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