Una Forza del destino stellare a Londra
Nella regia di Christof Loy per l'opera di Verdi la tradizione sposa l’ingegno; ottimo anche Antonio Pappano
Altissime le aspettative per la nuova produzione de La forza del destino che ha riportato l’epico dramma verdiano sul palco della Royal Opera House di Londra dopo quindici anni di assenza.
E le aspettative sono state per molti versi soddisfatte, a partire dalla regia di Christof Loy che, ideata per Amsterdam nel 2017, emerge come una delle letture più azzeccate degli ultimi decenni. Alla fragile compattezza drammatica dell’opera Loy dona coesione, ai problematici intervalli temporali tra gli atti aggiunge anziché detrarre, creando il senso dell’intero arco esistenziale dei personaggi. A eccezione dell’epoca (siamo nel ventesimo secolo) e del pacato ricorso a qualche proiezione, assolutamente funzionale alla scena, questa è una regia tradizionale che ha il merito dell’eccellenza. Le masse sono adoperate con incredibile mobilità e il coro, bravissimo, danza su coreografie agili che creano il senso pulsante della sete di vita in tempo di guerra. Da segnalare i cori maschili dei monaci nell’atto secondo in cui impasto vocale e proporzioni dinamiche toccano vette poetiche.
Antonio Pappano fa giustizia della meravigliosa partitura verdiana (nella versione del 1869 per il Teatro alla Scala che è ad oggi ampiamente preferita a quella del 1862 per San Pietroburgo) e Anna Netrebko non avrebbe potuto trovare miglior guida musicale per il suo debutto nel ruolo di Leonora. La grande personalità scenica della Netrebko si sposa con una vocalità sempre più torrenziale che non avrebbe nessun bisogno di allargamenti di suono nella prima ottava (spesso compromettendo l’equilibrio della linea di canto verdiana nella zona centrale). Jonas Kaufmann fraseggia il suo Alvaro con mirabile raffinatezza anche se molti dei suoi magistrali piano e pianissimo non creano grande impatto emotivo. Convincenti i duetti con Ludovic Tezier, uno dei migliori baritoni verdiani in circolazione, che scolpiscono la personalità monolitica di Don Carlo. Tra i maggiori punti di forza dello spettacolo non possono non essere menzionate le prove di Ferruccio Furlanetto e Alessandro Corbelli nei panni, rispettivamente, di Padre Guardiano e Fra Melitone.
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