Il trauma segreto di Daphne 

All’Oper Frankfurt torna per l’ultima volta l’opera di Richard Strauss nel riuscito allestimento di Claus Guth 

Daphne (Foto Barbara Aumüller)
Daphne (Foto Barbara Aumüller)
Recensione
classica
Francoforte sul Meno, Opernhaus
Daphne
01 Febbraio 2019 - 20 Febbraio 2019

Torna sulla scena dell’Oper Frankfurt per la terza e ultima ripresa la Daphne di Richard Strauss firmata da Claus Guth e mantiene il fascino intatto a dieci anni dal debutto. Prendendo distanza da un materiale drammatico che non ha certo la felicità di scrittura di un Hofmannsthal e dalla dimensione floreale “Jugendstil” di questa anacronistica tragedia bucolica datata 1938, Guth sovrappone piani narrativi e intreccia piani temporali al servizio al servizio di un racconto parallelo di una fuga dalla realtà legata a una storia di abusi infantili. Ambientata in tre grandi ambienti contigui spogli e sinistri che mostrano i segni di uno splendore passato (le scene di Christian Schmidt sono splendidamente illuminate dalle luci livide di Olaf Winter), un’anziana Daphne appoggiata a un bastone ricostruisce lentamente il passato ricomponendo i tasselli confusi di una vita: i giochi infantili con l’amico di sempre Leukippos, i rituali maschili e alcolici del padre Peneos e dei pastori suoi sodali e i silenzi complici della madre Gaea. E poi il culmine drammatico nella festa dionisiaca, in cui si compie l’omicidio di Leukippos, l’amante innocente, per mano di Apollo, sotto la cui sembianza divina si intravvede la figura del padre, il tremendo sospetto di incesto e la fuga dalla realtà di Daphne in un rifugio fatto di una natura tanto idealizzata quanto alienante. Una fuga che si conclude, attraverso il disseppellimento del trauma, con la sostanziale riconciliazione con la realtà della Daphne vecchia, come sembra voler dire il suo claudicante incedere verso l’uscita da quelle grandi sale vuote, abbandonate anche dai fantasmi dei ricordi. Guth toglie la maschera al mito e mostra impietosamente la vera faccia dei protagonisti restituendo alla vicenda una sorprendente e avvincente plausibilità drammatica. 

Molto curata è anche la dimensione musicale di questa riuscita ripresa, che ha una qualità generalmente riservata alla prima serie. Il cast vocale di grande livello trova in Jane Archibald una protagonista di vibrante lirismo, abile nell’esprimere attraverso la luminosa limpidezza del timbro vocale un dolore profondo. Andreas Schager è un Apollo vocalmente radioso e espressivamente più compiuto che in altre sue prove anche recenti. Peter Marsh dà voce a un Leukippos che non ha l’innocenza e l’irruenza del giovane amante ma la dolente consapevolezza di un destino già segnato. La coppia dei genitori è incarnata efficacemente da una cupa Tanja Ariane Baumgartner e un sinistro Patrick Zielke, l’impeccabile quartetto dei pastori da Dietrich VolleJaeil KimBarnaby Rea e Mikołaj Trąbka, mentre le giovani Julia Moorman e Bianca Andrew danno una nota di innocente freschezza alle due ancelle. Scenicamente incisiva è anche Corinna Schnabel, la Daphne anziana che si esprime solo attraverso lo sguardo, nel ruolo fin dalla prima serie. 

Indisponibile il direttore musicale dell’Oper Frankfurt Sebastian Weigle, questa Daphne trova in Stefan Blunierun direttore misurato ma sensibile e soprattutto capace di ottenere dall’ottima Frankfurter Museumorchester un suono trasparente e leggero, che esalta la lussureggiante bellezza della scrittura straussiana. 

Sala gremita, applausi calorosi. 

 

 

 

 

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