Händel a Las Vegas
Max Emmanuel Cencic firma la regia del Serse, che ha aperto con grande successo l’annuale edizione del Festival Internazionale Händel di Karlsruhe
Se è vero che l’opera Serse è una rappresentazione completa dei sette peccati capitali (specialmente la lussuria), allora dimentichiamoci di Abido e andiamo tutti a Las Vegas. È quello che pensa Max Emanuel Cencic, star del barocco vocale e sempre più spesso regista delle proprie produzioni, come quella che ha aperto con grande successo l’edizione numero 42 del Festival internazionale Händel di Karlsruhe.
Nella sua prova precedente sullo stesso palcoscenico, l’Arminio Cencic non andava al di là di un certo gusto decorativo e passatista. Invece per questo suo nuovo Sersepunta disinvoltamente e sfacciatamente a far divertire. Ignorando le perplessità sul libretto del musicologo viaggiatore Burney, per dirne uno, che non apprezzava “la commistione di tragicommedia e buffoneria” anti metastasiana, in questo spettacolo domina decisamente la buffoneria negli anni ’70 della frenesia pansessuale pre-AIDS sullo sfondo di una psichedelica Las Vegas, ricostruita con estro pop dallo scenografo Rifail Ajdarpasic e dalla scatenata costumista Sarah Rolke. Serse indossa smoking tempestati di strass e mantelli con piume di struzzo con il gusto kitsch di Liberace (e guarda caso si accompagna al pianoforte con candelabro intonando la sua hit “Ombra mai fu”). Fin dall’amplesso furioso con la cameriera Amastre nel camerino un attimo prima del suo celebrato tv show, l’incontenibile appetito sessuale di questa star dello showbiz produce danni ed equivoci a catena sullo sfondo di feste in piscina con discintissimi camerieri-bunnies e visite notturne al sex shop Babylon con le prostitute in vetrina o al contiguo locale gay Tom of Persia, mentre il malinconico Arsamene preferisce frequentare “diner” per cuori infranti. La conclusione davanti alla Wedding Chapel dove si celebra il sospirato matrimonio per equivoco fra Arsamene e Romilda è farsesca con quel Serse portato via in manette dopo la minaccia di fare una strage con un revolver in pugno e la sedotta e bidonata Amastre che si straccia le vesti nuziali.
Non sarà raffinatissimo ma è davvero vitale questo Händel di Cencic, che coniuga la classica ricetta dello stupore barocco in chiave di commedia, come quelle demenziali che si vedevano al cinema qualche decennio fa, e con una raffica di colpi di scena che divertono e intrattengono per oltre quattro ore il foltissimo pubblico della prima, generosissimo di risate e continui applausi a scena aperta.
Autentico mattatore della serata è Franco Fagioli, perfetto nel ritratto di questo Serse incontenibile e costantemente sopra le righe. In un certo senso, la chiave dello spettacolo gli va anche incontro e lo sostiene anche come interprete vocale, che dà il meglio nei momenti tecnicamente più arditi e negli acrobatici salti di registro. Nel registro più patetico eccelle invece Max Emanuel Cencic che sceglie per sé il ruolo vocalmente più introverso di Arsamene anche se nemmeno lui si risparmia nell’esibizionistica estroversione scenica. Perfetta è anche Lauren Snouffer che firma un ritratto a tutto tondo di Romilda, “coquette” volubile ma di carattere, molto disinvolta nella ricca tavolozza di affetti che le impone la scrittura händeliana. Decisamente meno riuscita la prova di Ariana Lucas, che è una Amastre dall’indubbia carica comica ma vocalmente esile e in affanno sul piano tecnico. Spiritosa ma monocorde la Atalanta di Katherine Manley risolta comunque con la stoffa della caratterista e curiosamente poco comico Yang Xu, un legnoso e poco empatico Elviro, l’unico ruolo smaccatamente comico dell’opera. Completa il cast Pavel Kudinov che intona il suo Ariodate allo spirito della commedia. Preziosi i brevi ma sempre calzanti interventi dell’Händel Festspielchor, che sa anche partecipare con spigliatezza all’azione.
La frenesia dell’azione scenica rischia di mettere in ombra l’ottima prova dei Deutsche Händel-Solisten guidati per l’occasione dalla perizia e dal gusto di George Petrou. Rispetto alla carica energetica della regia, Petrou va in controtendenza e privilegia i toni morbidi e il cesello strumentale. Prova nel complesso riuscitissima, posto che non ci si faccia troppo distrarre dalla scena.
Della calorosissima risposta del pubblico si è detto. Tutte esaurite le date per per questa stagione e per i ritardatari l’appuntamento è nel 2020.