Yonathan Avishai tra Evans ed Ellington

Joys and Solitudes è il nuovo album del trio del pianista israeliano-francese Yonathan Avishai, per ECM

Yonathan Avishai - Joys and Solitudes
Yonathan Avishai
Disco
jazz
Yonathan Avishai
Joys and Solitudes
ECM
2019

Comincia con un omaggio alla musica di Duke Ellington (con una bella, intelligente e dilatata riproposizione della storica "Mood Indigo"), che Yonathan Avishai considera (a ragione) un pianista e compositore ancora moderno, grazie alla sua chiarezza espositiva e alla immediatezza dei suoi celebri temi (aggiungiamo noi), questo limpido nuovo lavoro a opera del trio di Avishai, rotondo pianista israeliano-francese, noto per le sue collaborazioni con il trombettista "davisiano" e compositore Avishai Cohen.

Un illustre terzetto, quello di Yonathan Avishai, meglio conosciuto con il nome – potremmo dire programmatico – di The Modern Time Trio. E però nel successivo e sontuoso original "Song For Anny", che per associazione (non formale ovviamente) fa pensare alla "Waltz for Debby" evansiana (anche perché stilisticamente siamo molto più che da quelle parti), è invece la celebre e “stonata” scaletta del blues "Misterioso" di Thelonious Monk a essere rievocata.

Nelle diverse composizioni originali di questo elegante, intimamente swingante e comunicativo Joys and Solitudes (registrato nel febbraio 2018 a Lugano presso l’Auditiorio Stelio Molo RSI, sede dell’Orchestra Svizzera Italiana), in effetti, si verifica il perfetto incontro tra tasti bianchi e neri (per così dire), sintesi calibrata di diafano lirismo evansiano e profondo blues feeling ellingtoniano. Il tutto all’insegna di un’aggiornata e compiuta ri-articolazione di classicità e modernità. A essere brillantemente dispiegate sono anche molte delle svariate influenze e curiosità musicali (magari in timida chiave world) di Avishai: la vivace e “tribale” (con tanto di accennato, a un certo punto, dos tres da rumba congolese) "Les pianos de Brazzaville" richiama, per esempio, un suo viaggio nella Repubblica del Congo; "Tango" è invece un sentito omaggio al passionale ballo argentino, rimeditato a partire dal trasfigurato sguardo di un apprezzato album di qualche tempo fa, Ojos Negros del sempre riflessivo e sfilacciatamente concentrico bandoneista Dino Saluzzi, in quell’occasione accompagnato dal suono robusto della violoncellista Anja Lechner; mentre "When Things Fall Apart" è direttamente ispirata alla sognante e articolata ampiezza delle musiche di Avishai Cohen.

Ad assecondare Avishai (Yonathan) sono due eccellenti strumentisti, che gli si affiancano in modo quasi paritario: il contrabbassista Yoni Zelnik, israeliano anch’egli, ma residente a Parigi, perfetto nelle sue prospettiche evoluzioni al double bass, come un moderno Scott La Faro, un Marc Johnson o un più attuale Thomas Morgan; e il coloristico, espressivo e puntuale batterista francese, di cultura guineana e addirittura greca, Donald Kontomanou, più etnico (appunto) e forse creativo, anche se meno rutilante e spettacolare, di un Nasheet Waits, con il quale Yonathan Avishai lavora abitualmente nelle formazioni di Cohen. Assolutamente impeccabili.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

jazz

Il post jazz secondo Anna Butterss

Mighty Vertebrate è il nuovo album della bassista e compositrice australiana

Alberto Campo
jazz

Nala Sinephro, un'immensità ambient jazz

Al secondo album, la compositrice belga Nala Sinephro conferma il proprio valore

Alberto Campo
jazz

Meshell Ndegeocello, il vangelo secondo James Baldwin

In No More Water Meshell Ndegeocello celebra il centenario della nascita dello scrittore James Baldwin

Ennio Bruno