Emanuel Ax, narrare la forma
Il recital del pianista americano Emanuel Ax al Teatro Comunale Vicenza per la Società del Quartetto
L’impegnativo recital proposto da Emanuel Ax a Vicenza si profila come una riflessione sul rapporto tra micro e macroforma attraverso la lente offerta dalla diversa declinazione dell’inflessione narrativa.
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Un filo sottile unisce le Rapsodie brahmsiane op. 79 e i Fantasiestücke in Callots Manier (Pezzi fantastici alla maniera di Callot) op. 12 di Robert Schumann.
Se nel dittico brahmsiano il tono epico si alterna al ripiegamento intimistico, contrasto sottolineato dal pianista americano grazie a un indovinato equilibrio formale e alla sapiente resa contrappuntistica, nella raccolta schumanniana il racconto sembra provenire da lontano, intrecciandosi su più piani in virtù del fraseggio e della distribuzione accurata delle diverse volumetrie sonore.
Le ombre hoffmanniane dell’op. 12, rilette sotto l’aspetto onirico, si librano infatti su trasparenze apollinee anche ove, come In Der Nacht (Nella notte), le inquietudini si trasformano in incubi, indagando le zone più oscure della psiche. Estrema limpidezza che si ritrova anche nello slancio appassionato di Aufschwung e nella leggerezza fantastica di Traumes Wirren (Delirio del sogno).
La chiave di lettura di Ax si svela nel brano conclusivo, Ende vom Lied (La fine del canto), grazie a un suggestivo effetto di dissolvenza che ricorda la coda dei Papillons op. 2. Il secondo asse narrativo proposto da Ax congiunge le Piano Figures di Sir George Benjamin ai Valses nobles et sentimentales di Maurice Ravel.
I dieci brevi frammenti di Benjamin rievocano le Douze Notations di Pierre Boulez, il cui modello affonda a propria volta le radici nei Sechs Kleine Klavierstücke op. 19 di Schönberg e nelle Bagattelle di Beethoven, oltre che nei Preludi di Chopin e Debussy. La scrittura pianistica asciugata, dai profili aguzzi, a tratti formicolante come avviene in Ligeti, gioca sulle fulminazioni istantanee e le ricerche sonoriali, sulle ossessioni e le oscurità che ingoiano la materia facendola precipitare nel nulla.
Una capacità di sintesi che in Ravel Ax coniuga all’esplorazione dei labirinti della memoria, sul cui specchio ondeggiano immagini suadenti, riflesso del laboratorio creativo dell’inconscio. Il tramite tra i due mondi è Chopin, riproposto attraverso la narrazione tutta interiore del Notturno op. 62 n. 1 e il racconto di un intero popolo che pulsa nelle Mazurche op. 50. La memoria collettiva si trasforma in esaltazione dello spirito nazionale nell’Andante spianato e Grande Polacca Brillante op. 22, proposto in chiusura di programma, quale mirabile sintesi della polonità.
Ampio successo e un fuoriprogramma chopiniano, con il Notturno op. 15 n. 2.
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