Rigoletto: il dramma di un padre

Inaugurazione dell’Opera di Roma con un nuovo allestimento ambientato nel ventennio fascista

Rigoletto ( Foto Yasuko Kageyama)
Rigoletto ( Foto Yasuko Kageyama)
Recensione
classica
Teatro Costanzi, Roma
Rigoletto
02 Dicembre 2018 - 18 Dicembre 2018

Non ha affatto appesantito lo spettacolo la scelta di trasportare la trama di Rigoletto durante il ventennio fascista, compiuta da Daniele Abbado per il nuovo allestimento che ha aperto la nuova stagione del Teatro dell’Opera di Roma. A parte la presenza di qualche gerarca in stivali neri, il tutto ha comportato piuttosto una discreta ambientazione anni venti, dove peraltro ogni minimo particolare sembrava studiato con la massima attenzione per evitare qualsivoglia anacronismo. Il felice risultato ha comunque potuto trarre massimo beneficio soprattutto dalla solida direzione di un Daniele Gatti, il quale ha avuto il merito non solo di mettere a frutto le capacità dell’orchestra in una delle partiture più celebri di Verdi, ma anche di seguire con estrema attenzione le peculiarità del cast vocale. Cast che si è fatto notare sia per bravura musicale che per capacità di immedesimarsi nei personaggi, a iniziare dal vero mattatore di questo nuovo allestimento, Roberto Frontali. In grado di interpretare il ruolo del buffone gobbo in maniera duttile, abile nell’assecondarne il lato grottesco ma soprattutto capace di esprimere il profondo dramma che si trova a vivere nel ruolo di padre. Situazione che – non va dimenticato – Verdi aveva vissuto in prima persona, avendo come è noto perso entrambi i figli poco dopo la morte della moglie Margherita. In questo senso la funzione che il personaggio assume nel deridere il Conte di Monterone, ovvero la sua crudeltà verso le altrui sventure, è sembrata rientrare nei ragionevoli compiti che il ruolo di buffone di corte gli imponeva. Sicché il dramma della maledizione è risuonato – nell’interpretazione di Frontali – ulteriormente amplificato, quale estrema testimonianza di un destino avverso. Di grande espressività anche la Gilda di Lisette Oropesa, dotata di una vocalità che non si è fatta intimorire dall’estensione verso l’acuto che oggi la partitura di Verdi – eseguita con un diapason ben più alto che all’epoca del compositore – comporta. Uno sgargiante Ismael Jordi, nei panni del gaudente Duca di Mantova, ha completato il gruppo di personaggi principali, affiancato comunque da una schiera di interpreti tutti di eccellente livello nel ricoprire i restanti ruoli. Ampio il consenso del pubblico, evidentemente non stanco di un titolo che si prepara a festeggiare, tra poco più di un paio di anni, i suoi ben centosettanta dalla prima rappresentazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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