Il Requiem di Chung guarda al futuro
La stagione sinfonica del Teatro La Fenice si apre con la “Messa da Requiem” di Giuseppe Verdi per il centenario della fine della Grande Guerra
In anticipo di qualche settimana sull’apertura della stagione lirica, la nuova stagione sinfonica del Teatro La Fenice si apre con requiem che vuole essere un omaggio al centenario della fine della Grande Guerra. Come l’imminente stagione lirica, anche quella sinfonica si apre nel segno di Giuseppe Verdi e della Messa da Requiem e del direttore Myung-Whun Chung, presenza sempre più frequente nei programmi del teatro, che solo in questa stagione salirà sul podio per il Macbeth inaugurale, per la ripresa dell’Otellooltre che per altri due appuntamenti della stagione sinfonica oltre all’appuntamento nazionalpopolare di fine anno.
«Vi sono delle nature virtuosissime che hanno bisogno di credere in Dio; altre, ugualmente perfette, che sono felici, non credendo niente e osservando solo rigorosamente ogni precetto di severa moralità», scriveva Giuseppina Strepponi nel 1872 in una lettera a Verdi. Chi aveva bisogno di credere era Alessandro Manzoni, mentre colui che non “credeva niente” ma osservava una moralità rigorosa era Giuseppe Verdi, che credeva soprattutto al dovere morale di commemorare personalità di rilievo nella neonata nazione italiana. E così nacque la Messa da Requiem per l’anniversario della morte di Manzoni - 22 maggio 1874, che, in mancanza di liturgia funebre ufficiale, prese a prestito testo e interpreti della Messa per Rossini, l’altro pilastro identitario verdiano della nazione, per il quale compose il “Libera me”, primo nucleo della sua personale Messa. Il resto venne dalla sua grande esperienza teatrale, che conferisce al monumentale lavoro una dimensione teatrale insolita per un pezzo di ispirazione religiosa, fonte di più di una critica al lavoro. Non è fuori luogo dunque che la Messa da Requiem venga eseguita in una sala teatrale, che poi è anche una prima assoluta nella Fenice ricostruita.
Colpisce nella direzione sobria, quasi scabra, di Myung-Whun Chung una intenzione di superare lo stereotipo del Verdi melodrammatico a ogni costo. Chung sembra voler scavare nell’essenza musicale del lavoro e guardare piuttosto a modelli futuri. I contrasti violenti nelle dinamiche sonore (dal parossismo orchestrale del Dies Irae a sonorità quasi rarefatte) e nelle scelte dei tempi, in molti passaggi estenuati, nonché la netta separazione dei diversi bocchi sembrano voler ridimensionare la vocazione melodrammatica dell’opera e guardare piuttosto a modelli quasi mahleriani, fonte che il direttore coreano affronterà sulla stessa scena e con gli stessi complessi musicali per la Seconda sinfonia del compositore austriaco, immensa parabola di morte e resurrezione.
L’oramai lunga consuetudine con il direttore coreano è congeniale all’Orchestra del Teatro La Fenice, che in questa Messa da Requiem esprime al meglio le sue vaste possibilità espressive. Di grande spessore anche la prova del Coro del Teatro preparato da Claudio Marino Moretti (e fresco di trasferta al Konzerthaus berlinese per lo stesso pezzo). Più ancorati a consuetudini melodrammatiche, tutti i quattro bravi interpreti vocali Veronica Simeoni, Antonio Poli, Alex Esposito e soprattutto Maria Agresta, che con “Libera me” si prende la scena come una autentica primadonna verdiana.
Sala gremita per questo primo appuntamento di stagione, accoglienza festosa.
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