Fano Jazz, una "moretta" di musiche sul mare

A Fano Jazz by the Sea di scena Andy Sheppard, Bill Frisell e Federica Michisanti, inaspettatamente sul main stage

Foto Maurizio Tagliatesta - Fano Jazz 2018
Foto Maurizio Tagliatesta
Recensione
jazz
Fano
Fano Jazz by the Sea
26 Luglio 2018 - 28 Luglio 2018

Di sera, nell’ampio spazio all’aperto della Rocca Malatestiana di Fano, se il clima concede un filo d’aria puoi avvertire il profumo del mare. Se poi, neanche troppo per caso, ti trovi in questo luogo in occasione di alcune date del festival Fano Jazz by the Sea – manifestazione arrivata, tra il 14 e il 29 luglio scorsi, alla sua ventiseiesima edizione – tra queste mura antiche puoi anche trovarti immerso in un caleidoscopio di musiche capace di miscelare con gusto consolidato stili e generazioni, così come nella “moretta”, bevanda tipica di questa città marchigiana, si mescolano con cura caffè e una combinazione di liquori, retaggio di un rito assieme remoto e contemporaneo, popolare e sapiente.

Foto Maurizio Tagliatesta - Fano Jazz 2018
Foto Maurizio Tagliatesta

Arrivati giovedì 26 luglio e passeggiando tra i borghi della città prima della serata in Rocca, siamo giunti alla Chiesa San Pietro in Valle, spazio dedicato, assieme alla Pinacoteca San Domenico, all’Exodus Stage, palcoscenico destinato a “Gli echi della Migrazione”, un’offerta musicale pensata per riflettere sul dramma che si consuma nei nostri mari. Protagonista di questo appuntamento era “Anima Mundi, suoni e armonie di voci dal mondo”, un progetto che univa Coro Polifonico Durantino diretto da Simone Spinaci e Coro Polifonico Icense diretto da Guerrino Parri, formazioni completate dalla presenza di Peppe Consolmagno (percussioni e voce), Jean Gambini (contrabbasso), Claudio Jacomucci (fisarmonica classica), lo stesso Simone Spinaci (chitarra e canto armonico) e Francesco Belfiori (testi e voce recitante). Coinvolti in un rituale musicale fatto di gesti misurati, suoni popolari e voci evocanti i quattro angoli del mondo, abbiamo potuto seguire l’efficace affinità con la quale le cangianti combinazioni vocali e strumentali ci restituivano atmosfere che raccontavano ora di canti popolari emiliani, ora dell’Argentina di Piazzolla e di quella di Ramirez, ora ancora dei profumi dell’Africa o dei Balcani.

Suggestioni che hanno cambiato di segno in serata, di fronte a un palco principale abitato da Andy Sheppard e dal suo quartetto che comprende Eivind Aarset alla chitarra, Michel Benita al  contrabbasso e Michele Rabbia alla batteria. Dedicato a Romaria, album uscito recentemente per l’etichetta ECM, il concerto ha restituito in modo coerente la misura che segna la fantasia del musicista britannico, dispiegata brano dopo brano attraverso le ricercate sfumature timbriche evidenziate dall’alternanza dei suoni dei sax tenore e soprano. Un dato arricchito dalle alchimie effettistiche del chitarrista norvegese, sostenuto dalla solidità del basso di Benita e assecondato dalla varietà dinamica della batteria di Rabbia (ruolo affidato, nel disco, allo scozzese Seb Rochford). Dal clima disteso di un brano come “They Came from the North” alla più vivace caratterizzazione di titoli quali “Thirteen”, la serata si è dispiegata attraverso un filo conduttore delineato da quell’eleganza melodica che rappresenta la cifra, sempre piacevole ma forse un poco manierata, dello stesso sassofonista.

Foto Maurizio Tagliatesta - Fano Jazz 2018
Foto Maurizio Tagliatesta

La sera successiva a salire sul Main Stage è stato Bill Frisell che, di fronte a un pubblico decisamente numeroso e bendisposto, ha anch’esso proposto la dimensione live di un lavoro discografico, in questo caso datato 2016: When You Wish Upon A Star. Concreta dichiarazione d’amore del chitarrista nel confronti del variegato repertorio rappresentato dalla musica per film, questo lavoro ha ritrovato in questa occasione la restituzione di un’architettura musicale capace di valorizzare con fine mestiere un repertorio di sicuro appeal, offrendo all’ascolto un alternarsi di melodie celebri tratte da pellicole quali, tra le altre, C’era una volta il West o Il Padrino, disegnate dai dialoghi tra la chitarra del musicista di Baltimora, il contrabbasso di Thomas Morgan e la batteria di Rudy Royston. Un tappeto strumentale sul quale si stagliava la voce solidamente impostata di Petra Haden, tecnicamente ricca ma che, ascoltandola nell’interpretazione di “Moon River”, in un qualche modo ci ha fatto pensare con nostalgia alla Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany. L’affinità in un interplay rodato, ravvivato da qualche guizzo strumentale di Frisell distribuito tra le pieghe dei vari brani ha comunque assicurato l’apprezzamento di un pubblico particolarmente coinvolto anche in occasione di un omaggio tributato al David Bowie di “Space Oddity”, complice forse anche la luna rossa che faceva capolino nel cielo di fronte al palco.

Foto Maurizio Tagliatesta - Fano Jazz 2018
Foto Maurizio Tagliatesta

Nell’ultima giornata che abbiamo seguito, sabato 28, siamo ritornati alla programmazione dell’Exodus Stage, questa volta nella sede della Pinacoteca San Domenico, dove Pasquale Mirra ci ha accompagnati in una suggestiva perlustrazione espressiva titolata “Moderatamente Solo”, costruita su un percorso di ascolto che alternava senza soluzione di continuità oasi maggiormente strutturate a passaggi più estemporanei. Un’efficace miscela dove, tra scarti dinamici e pattern reiterati, i timbri di strumenti quali vibrafono, glockenspiel, percussioni, campane tibetane e oggetti vari ci hanno regalato un impasto musicale materico e poetico assieme.

La serata è stata infine segnata dall’annullamento del concerto dei GoGo Penguin – rimasti bloccati all’estero per la soppressione, per motivi di sicurezza, del volo che li doveva portare a Bologna – e conseguente “promozione” di Federica Michisanti, inizialmente prevista nell’ambito della programmazione dello Young Stage, chiamata ad esibirsi con il suo Trioness sul palco principale. Una circostanza che ha permesso alla giovane musicista romana, forte del secondo posto nella categoria “miglior nuovo talento italiano” del Top Jazz 2017, di esibirsi di fronte a un pubblico che l’ha accolta e seguita con attenzione nella peregrinazione tra una iniziale composizione inedita e i brani raccolti nel disco Isk. Un lavoro quest’ultimo che, anche nella dimensione dal vivo, ha espresso lo stile personale della contrabbassista, qui affiancata da Gianluca Vigliar al sax e clarinetto (nel disco era presente Matt Renzi) e da Simone Maggio al pianoforte.

Tra disegni ostinati del basso, interventi tratteggiati con efficiente misura del pianoforte e discrete incursioni delle ance, le interpretazioni della Michisanti hanno confermato il suo talento personale, lasciando intuire la potenzialità di una crescita artistica che ci spinge ad auspicare una futura occasione di riascolto, magari ancora su un palcoscenico vicino al mare, magari ancora con il ricordo dell’aroma forte e dolce di una “moretta” mescolata con cura.

Foto Maurizio Tagliatesta - Fano Jazz 2018
Foto Elena Porreca

 

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