L'avventurosa vita di Bob Rutman
In una ristampa il lavoro dello U.S. Steel Cello Ensemble dello scultore sonoro Robert Rutman
Ci sono personaggi la cui vita reale assume contorni così mitici e avventurosi che sembrerebbe un po’ eccessiva anche se fosse romanzata. Prendete Robert “Bob” Rutman, per esempio.
In quasi novant’anni di vita è “riuscito” a nascere a Berlino poco prima della nomina di Hitler a Cancelliere; a scapparne da bimbo insieme alla madre ebrea; a studiare in Inghilterra e trasferirsi negli Stati Uniti; a fare il commesso viaggiatore in Texas e sposarsi in Messico; a aprire una galleria a New York negli anni Sessanta; a collaborare con i poeti della Beat Generation…
Vi basta? No, perché in realtà questo è solo un assaggio: la figura di Rutman (ancora attivo a Berlino) è infatti principalmente legata dalla seconda metà degli anni Sessanta alla sua attività di inventore di strumenti, scultore sonoro e compositore, con l’impiego di grandi lastre e corde di metallo da percuotere o da sfregare.
In questo mondo a cavallo tra le arti visive e la musica, Rutman fonda nel 1976 lo U.S. Steel Cello Ensemble, la cui strumentazione base comprende uno steel cello (imponente struttura d’acciaio con una corda da sfregare) e tre bow chimes (più piccole), in grado di generare una vasta gamma di risonanze e suoni metallici.
Negli anni successivi l’ensemble trova molte collaborazioni nell’ambito della performance e del teatro intermediale newyorkese (Peter Sellars, Laurie Anderson, Robert Wilson), fino al trasferimento definitivo (una sorta di ritorno quasi omerico/odisseo) nella natia Berlino nel 1989.
In un ambito sperimentale così trasversale come quello Berlinese Rutman ha modo di collaborare con Heiner Goebbels e gli Einstürzende Neubauten, con Wim Wenders e gli Swans di The Seer, riconnettendo le sue futuristiche intuizioni di armamentario folk industriale americano con le cupezze della riflessione di fine millennio del Vecchio Continente.
Risale proprio al 1989 la registrazione (effettuata nella Passionskirche di Kreuzberg) di Noise in the Library, lavoro pubblicato originariamente su cassetta – su Discogs la trovate originale forse attorno ai 200€ – e ora ristampato in vinile dalla piccola e benemerita etichetta Putojefe (fatevi un giro qui per scoprirne le meraviglie).
Un lavoro che vede all’opera proprio lo U.S. Steel Cello Ensemble, con Rutman, Daniel Orlansky, Stephanie Wolff e Alex Dorsch impegnati a “sollecitare” i quattro elementi metallici descritti, ma anche a interagire con le voci utilizzando tecniche estese vicine a quelle del canto tibetano.
Sonorità affascinanti, drones scuri e al tempo stesso iridescenti, coinvolgono l’ascoltatore in una sorta di ritualità pagana e postindustriale che ha il pregio di non evocare necessariamente gli scenari un po’ doom che si usano associare a questi suoni, quanto piuttosto di raccontare il fluire del tempo, il girovagare della sorte, la compresenza di meraviglioso e doloroso nella nostra contemporaneità, l’orizzonte dove l’ancestrale e l’ignoto del futuro si toccano.
Chi meglio di quest’uomo dalla vita avventurosa e unica poteva evocarlo? Da riscoprire!