Vania Dal Maso
Teoria e pratica della musica italiana del Rinascimento
Lucca, LIM 2017, pp. 392, €28
La dimensione del sapere musicale rinascimentale è affascinante ma estremamente complessa per via della varietà di termini e di concetti contenuti nei numerosi trattati stampati nel corso del Cinquecento. Per questo lo studio e la pratica della cosiddetta "musica antica" richiede un paziente lavoro di ricostruzione che abbraccia tutto ciò che circonda il testo musicale vero e proprio. La notazione originale presuppone la conoscenza della prassi e della teoria sottostanti e, anche se non sapremo mai esattamente come “suonasse” una composizione dell’epoca di Willaert e di Marenzio, per poterne comprendere pienamente il significato e offrirne una interpretazione soddisfacente è necessario svolgere un lavoro di ricerca che è l’indispensabile base di una performance storicamente informata.
Vania Dal Maso, clavicembalista e docente di semiografia e teoria della musica presso il Conservatorio di Verona, ha scavato a lungo nella miniera della trattatistica e della letteratura musicale del passato e grazie alla sua notevole esperienza didattica ha ordinato e illustrato i principali aspetti del rapporto tra teoria e pratica della musica rinascimentale attraverso la comparazione di numerosi fonti dell’epoca.
Pur facendo costante riferimento alla fondamentale opera di Gioseffo Zarlino, Le Istitutioni Harmoniche, del 1558, negli otto capitoli di cui è composto il libro Dal Maso riporta e commenta definizioni e passaggi dei testi di numerosi autori, da Aaron a Zacconi. L’accuratezza e la chiarezza metodologica è evidente già dalle Avvertenze con le quali l’autrice precisa tutto ciò che riguarda i criteri editoriali e le trascrizioni di testi e musiche dell’epoca zarliniana.
Nel primo capitolo si entra nel clima culturale rinascimentale e nella forma mentis del musico alle prese con la definizione della sua arte e del suo modus operandi per trasmetterla agli allievi: «Di tutte le arti che liberali si chiamano, ritrovo la musica di nobiltà, di valore e di pregio eccellentissima» scriveva Pietro Aaron nel suo Toscanello del 1523, seguito dal Lucidario del 1545.
Il secondo capitolo è dedicato alla scrittura e alla lettura, partendo dalle chiavi e dalle note definite i “segni della voce” da Tinctoris e Lanfranco, e si concentra sul sistema degli esacordi approfondendone ogni aspetto.
Il terzo capitolo chiarisce la delicata questione del mensuralismo nella articolazione perfetta e imperfetta, ossia ternaria e binaria, di modo, tempo e prolazione, con gli effetti prodotti dai punti aggiunti alle figure dei valori di durata, e con il nodo delle modifiche provvisorie che provocano o subiscono le imperfezioni che nella musica figurata sono definite da Zarlino e Angelo da Pizzighettone «figure agenti e pazienti».
Il quarto capitolo, il più complesso del libro anche per via della grande quantità di termini usati da Zarlino, Lanfranco e altri teorici, affronta il tema delle proporzioni e della proporzionalità, particolarmente sviluppato nella trattatistica rinascimentale, in particolare da Ludovico Zacconi nella sua Prattica di musica del 1596.
Il quinto capitolo entra nel cuore della materia sonora costituita dai differenti modi, dodici nella concezione di Glareano seguita da Zarlino, concepiti come una giustapposizione di una quinta e di una quarta a costituire una ottava, nei quali le combinazioni delle quattro specie di diapente con le tre specie di diatessaron producono dodici specie di diapason divise armonicamente o aritmeticamente, di cui sei “principali” e sei “collaterali”. Come viene ricordato nella parte conclusiva di questo capitolo, le proprietà di ciascun modo con le definizioni del loro ethos vennero elencate da Girolamo Diruta nella seconda parte del Transilvano del 1609, attraverso esemplificazioni di contrappunti a due voci.
Il capitolo sesto approfondisce i procedimenti che guidano la concezione e la scrittura del contrappunto a due, e il settimo è dedicato a segni e situazioni particolari con specifico riferimento alla musica vocale e alla distribuzione delle sillabe delle parole del testo da “accomodare” alle note.
L’ultimo capitolo, intitolato Dal silenzio al grato suono, abbraccia i numerosi elementi che non essendo indicati dalla notazione sono di fondamentale importanza per la correttezza di una prassi esecutiva consapevole del quadro storico nel quale questa musica è nata e si è sviluppata. Nella parte iniziale vengono ricordate le qualità del musico perfetto elencate in una lettera di Luigi Zenobi, detto Luigi del Cornetto, che operò nelle corti di Vienna e di Ferrara, seguite da regole e consigli rivolti ai cantori che impartiti da Zarlino, Lanfranco e Zacconi potrebbero rivelarsi utili ancora oggi, e dai quali si evincono difetti e vizi evidentemente diffusi all’epoca. Nella restante parte vengono presentate alcune definizioni relativi a intavolature, diminuzioni e ornamentazioni con i relativi commenti sia degli autori già citati che di altri teorici che hanno contribuito a definire e compendiare il sapere musicale del XVI secolo.
Grazie alle numerose illustrazioni e ai frequenti esempi musicali che giovano alla densità della trattazione di una materia così complessa ed eterogenea, attraverso la lettura di questo libro si compie un vero e proprio viaggio nel tempo alla ricerca dei fondamenti e dell’essenza della cultura musicale rinascimentale.