"Occhi turchini" a Napoli

Pino De Vittorio canta nella Domus Ars il lirismo della tradizione musicale calabrese 

"Occhi Turchini" - Canti e danze della Calabria antica
"Occhi Turchini" - Canti e danze della Calabria antica
Recensione
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Domus Ars, Napoli
"Occhi Turchini" - Canti e danze della Calabria antica
24 Novembre 2017

"Una delle regioni più belle d'Italia", così Franco Pavan direttore dell'ensemble Laboratorio '600 ha definito la bistrattata propaggine meridionale della penisola italiana nel libretto del cd Occhi Turchini  pubblicato recentemente dalla Glossa. L'esordio concertistico di questo nuovo programma interpretato da Pino De Vittorio è avvenuto nella Domus Ars, nel cuore del centro storico di Napoli, nell'ambito del piccolo ma significativo festival Sicut Sagittae curato da Antonio Florio.

Questo percorso nella memoria dell'immaginario poetico e musicale del patrimonio orale calabrese è il completamento ideale di quelli già tracciati con la rivisitazione della tradizione pugliese - vero cavallo di battaglia del cantante attore originario di Leporano in provincia di Taranto - e di quella siciliana; ma il suo sguardo e il suo temperamento artistico hanno una inconfondibile impronta partenopea, frutto di una conoscenza quasi viscerale della storia musicale della città nella quale è cresciuto artisticamente. Una Calabria, si potrebbe dire, vista dalla prospettiva storica del Regno di Napoli, che rivela un lirismo a tratti struggente, quasi nascosto dalla ruvidezza del dialetto o lingua, in alcuni casi stemperata e ingentilita dalla commistione con il napoletano, e dall'accompagnamento di strumenti a corde pizzicate quali arpa, chitarra battente, liuto e tiorba. Pavan, con la sua profonda esperienza di studio e pratica della musica antica, ha riletto e interpretato le fonti della tradizione orale, costituite prevalentemente da registrazioni sul campo come ad esempio quelle storiche di Lomax e Carpitella, da cui ha tratto la dolce ninna nanna "Veni sonne di la muntagnella" o recenti di Danilo Gatto, come l'appassionata serenata "A spuntunera".

Ma oltre ai numerosi canti intonati da Pino De Vittorio con la sua consueta maestria, uno degli aspetti originali del programma era costituito dalle musiche strumentali contenute in un manoscritto anonimo, ma quasi certamente redatto da un napoletano, o quantomeno a partire da Napoli, custodito nella Biblioteca di Stato di Monaco di Baviera (ms. 4117 "Antiche ariette nazionali anche de' più remoti paesi") che è un curioso e interessante atlante sonoro compilato verso la metà del Settecento da un etnomusicologo ante litteram: "Arietta grica", "La calabrisella" e "Capiddi di sita". Il commovente “Si partì la Madonna”, potente esempio di pietà e devozione popolare che evoca nel dialogo tra Maria e suo figlio le sofferenze patite per la flagellazione è stato uno dei momenti culminanti del concerto, che si è concluso con "Riturnella". Questo canto raccolto da Antonello Ricci non è contenuto nel disco ma è un prezioso esempio del lirismo di un repertorio meridionale meno conosciuto rispetto al resto della musica tradizionale italiana, nonostante sia stato rivisitato da diversi interpreti. Sia De Vittorio, che Pavan, Flora Papadopoulos e Fabio Accurso sono stati acclamati e richiamati più volte sulla scena e dopo un canto arbëreshe il pubblico è stato salutato con l'irresistibile richiamo della “Tarantella del Gargano”.


 

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