Tra le piccole, grandi, polemiche che spesso attraversano – specialmente d’estate, che è tempo di festival e di accaloramenti – il mondo del jazz italiano, quella che riguarda il Festival jazz di Roccella Jonica – Rumori Mediterranei – è certamente tra le più accese.
Festival blasonato e storicamente tra i più originali nel panorama nazionale (grazie a un originale abbinamento tra l’avventurosità del programma e la bellezza del luogo), Roccella Jazz è infatti stata negli ultimi anni al centro di profonde polemiche da parte di un gran numero di musicisti che non sono stati pagati dopo avere suonato in Calabria. Polemiche che sono proseguite anche dopo l’estate e che stanno continuando in varie sedi.
Il problema dell’adempimento dei rispettivi obblighi contrattuali è materia per avvocati prima ancora che per giornalisti e studiosi di jazz, non c’è dubbio. Così come il tema dei debiti e dei ritardi nei pagamenti è purtroppo pane quotidiano con cui musicisti, agenti e organizzatori hanno a che fare nel nostro paese, con una casistica che spazia dalla disonestà alla sfortuna, dai tempi biblici che molti enti pubblici hanno nell’erogare i contributi già assegnati (a volte si parla addirittura di anni, cioè di associazioni che ricevono oggi quello che serviva loro per il festival del 2015…) alla scarsa competitività contrattuale bancaria di molti, pur volenterosi, soggetti organizzatori.
Nell’affrontare allora la “questione Roccella”, che ha delle evidenze incontrovertibili e altri punti meno chiari, ma che continua a colpire chi vi si accosti per il prestigio del Festival e l’ampiezza della situazione debitoria e che si presterebbe a facili “gogne mediatiche” (come è accaduto anche quest’estate, senza troppo controllo, sui social network), abbiamo voluto piuttosto fare chiarezza sulla situazione, intervistando l’attuale direttore artistico del Festival, Vincenzo Staiano – che ringraziamo in modo particolare per la disponibilità dimostrata, nonostante la “spinosità” del tema – ma anche dando ovviamente parola all’associazione dei musicisti, MIdJ, in particolare alla presidente Ada Montellanico e vedendo cosa prevede il codice etico dell’associazione italiana dei festival, I-Jazz, di cui comunque Roccella non fa parte.
L’obbiettivo dell’inchiesta è infatti – lo diciamo subito onde evitare che i discorsi e i commenti eventuali prendano una piega personalistica e delatoria – quello di mettere sotto la luce un problema che chiaramente non è solo di Roccella e che, evidentemente, racconta anche la persistente difficoltà per gli artisti di essere adeguatamente tutelati.
Riassumendo la questione Roccella è attualmente la seguente: esiste una forte situazione debitoria da parte delle associazioni che gestivano il Festival (l’associazione MIdJ ha intrapreso nelle ultime settimane un’azione di “censimento” di tutte le pendenze e le segnalazioni arrivate – sebbene non siano tutte – sono numericamente piuttosto ingenti e riguardano non solo musicisti giovani o alle prime armi, ma anche nomi piuttosto blasonati), situazione che è stata come dire “congelata” dalla procedura di messa in liquidazione delle associazioni stesse in seguito alla morte del Sen. Sisinio Zito, storico fondatore del Festival e legale rappresentante del medesimo.
«Esiste una forte situazione debitoria verso musicisti da parte delle associazioni che gestivano il Festival di Roccella. Situazione che è stata “congelata” dalla procedura di messa in liquidazione delle associazioni stesse in seguito alla morte del Sen. Sisinio Zito, storico fondatore del Festival».
Vincenzo Staiano: la colpa è della burocrazia e dei mancati finanziamenti
Il Festival è ora gestito dal Comune di Roccella Jonica che, come detto, ne ha affidato a Staiano – che ha anche sempre fatto parte della precedente gestione, elemento che per alcuni detrattori è fonte di un certo disappunto – la direzione artistica.
Chiediamo prima di tutto a Staiano come mai secondo lui si sia creata questa situazione, che è pesantemente svantaggiosa per i musicisti, ma anche un biglietto da visita non troppo lusinghiero per il Festival.
«La ragione principale dei problemi è dovuta al fatto che nel passato sono venuti a mancare contributi consistenti da parte di enti che dovevano finanziarlo. Quando parlo di enti mi riferisco a quelli locali (Regione, ex Provincie e altri comuni che ospitavano i concerti, mentre fondamentale era stato fino all’anno scorso il contributo del Ministero). Ci sono storie di contributi consistenti stabiliti per legge e cancellati con decreto nel giro di una notte, a Festival già fatto. I programmi sono stati sempre realizzati sulla base di una copertura finanziaria che sarebbe dovuta essere garantita dalla certezza di aver vinto un concorso pubblico o da lettere d’impegno degli enti coinvolti. Così non è stato.
La mancata attribuzione della totalità dei fondi, per ragioni di controversie sulla rendicontazione, ha generato una spirale negativa che ha avuto ripercussioni, poi, anche sul piano previdenziale e fiscale, con costi aggiuntivi di grande entità. È stato calcolato che al Festival sono venuti a mancare circa 600.000 euro di finanziamenti dovuti e mai erogati».
Pur non occupandosi lei (a quanto ci dice e non ho motivo per non crederle, per quanto sia quantomeno bizzarro – me ne darà atto – che una figura di direzione artistica non sia quantomeno informata della regolare liquidazione delle spettanze) di questioni amministrative, non era a conoscenza della situazione debitoria delle precedenti associazioni?
«C’erano due associazioni che gestivano il festival. Entrambe avevano la sede legale a Roccella e una sede operativa a Roma, che assorbiva quasi tutte le spese generali (personale, fitto, energia elettrica, telefono, eccetera). Bisogna tenere conto del fatto che l’Associazione Culturale Jonica nel passato organizzava tre stagioni concertistiche, attività didattiche nelle scuole, rassegne cinematografiche, mostre e convegni».
«È stato calcolato che al Festival sono venuti a mancare circa 600.000 euro di finanziamenti dovuti e mai erogati» (Vincenzo Staiano)
«La sede di Roma, di fatto, è stata sempre il front-office di queste attività. Il flusso delle informazioni amministrative e dei pagamenti avveniva sempre tra questo ufficio e il legale rappresentante che era l’unico a poter dare disposizioni su tutto. Io, parafrasando un termine militare, ero un ufficiale di collegamento con compiti organizzativi, logistici e di progettazione».
In quanto socio e, come mi ha cortesemente detto in una conversazione personale, anche a maggior ragione avanzando personalmente anche lei dei crediti per i lavori svolti, non ha mai chiesto conto della situazione? I musicisti che aveva chiamato non si rivolgevano a lei per spiegazioni?
«Riguardo la mia posizione di socio, posso dire solo che una ONLUS non è una società per azioni dove uno chiede continuamente conto di quello che si fa. Si lavora su base fiduciaria, confidando sulla buona fede e la correttezza di chi dirige. Trova bizzarro tutto ciò? Riguardo il mio ruolo di direzione artistica posso dirle che ho sempre risposto con cortesia ai musicisti che mi chiedevano informazioni e lo dimostra una lettera privata pubblicata su una rivista online da qualcuno che pensava di danneggiarmi e mi ha aiutato, invece, a dar conto della mia correttezza. Purtroppo, avevo solo la possibilità di spiegare e non il potere di risolvere il problema. In ogni caso, eravamo tutti certi che i finanziamenti prima o poi sarebbero arrivati».
Ai musicisti e management che chiedevano chiarimenti sulla propria posizione debitoria, che lei sappia, è sempre stato risposto puntualmente?
«Non so se altri lo hanno fatto. Io ho sempre risposto sulla base delle informazioni che mi venivano fornite da chi si occupava delle pratiche amministrative».
Come ritiene possibile (pur magari non essendosene occupato lei personalmente) che il Festival avesse le risorse per ospitare – a quanto mi dicono anche con grande generosità – giornalisti e critici miei colleghi e non per pagare i musicisti?
«Quando si organizza una manifestazione, partendo dal presupposto che si ha una copertura finanziaria sicura, si cerca di garantire tutto quello che serve. L’ospitalità ai giornalisti e ai critici è una scelta legittima. Può darsi che in qualche caso sia stato fatto con generosità, come dice lei, ma io non mi occupavo di questi aspetti».
Posto che i finanziamenti per un nuovo Festival non possono certo essere usati esclusivamente per ripianare debiti di edizioni precedenti (a maggior ragione se gli enti organizzatori sono messi in liquidazione), ha mai pensato o preso in considerazione l'idea di immaginare un'azione di quantomeno parziale reintegro di qualche spettanza, a fronte di musicisti che comunque hanno svolto correttamente il proprio impegno per il Festival?
«Una delle soluzioni, a mio parere, potrebbe essere quella di puntare al recupero dei crediti vantati delle due associazioni che organizzavano il Festival. Il presidente, per esempio, mi aveva parlato di una sentenza del Consiglio di Stato a favore dell’Associazione Culturale Jonica in una controversia con un ente che doveva assegnare un cospicuo contributo. Io non posso fare alcunché, ma ho girato l’informazione a chi ha i titoli per intervenire».
I contratti dell'edizione 2017 sono stati già onorati? Oppure lo saranno in che tempi?
«Secondo le informazioni che mi sono state fornite dai funzionari del Comune di Roccella Jonica, entro poco tempo tutti i contratti dovrebbero essere onorati, a parte alcuni che ancora non sono stati ben documentati dagli interessati».
Non crede che una situazione di questo tipo, al netto delle chiacchiere sui social network, se non chiarita possa avere degli effetti negativi sul progetto dal punto di vista della comunicazione e della reputazione della manifestazione?
«Va detto che ormai il Festival è gestito interamente dal Comune di Roccella Jonica che ha predisposto una struttura organizzativa completamente nuova. Io sono l’unico “sopravvissuto” della vecchia organizzazione. Probabilmente hanno seguito il detto che è meglio “non buttare via il bimbo con l’acqua sporca”. Purtroppo, ci sono cose che io non sono in grado di chiarire. Bisogna chiedere ad altri».
Ammetterà che il fatto che lei abbia fatto parte (particolarmente attiva, anche se non nel settore amministrativo) delle precedenti associazioni non aiuti molto a far comprendere la "presa di distanza" tra la situazione attuale e la precedente… Mi colpisce molto il fatto che lei imputi – del tutto correttamente, credo – le responsabilità della spiacevole situazione alla precedente gestione, che si affretti a rimarcare la discontinuità, ma che, ad esempio, nella pagina Facebook ufficiale, il Festival continui a essere rappresentato da una fotografia del precedente rappresentante legale, il quale certamente ha fatto storicamente molto per il Festival, ma che non mi sembra essere una scelta "felicissima" per segnare questa discontinuità e stemperare le polemiche. Non crede?
«Io non ho attribuito alcuna responsabilità alla vecchia gestione. Ho parlato di circostanze negative e finanziamenti dovuti e non erogati. Il caso più eclatante è quello citato prima della sentenza del Consiglio di Stato non eseguita da un burocrate ostinato. È lo stesso funzionario che ha continuamente messo in discussione la rendicontazione del Festival presentata al suo ufficio. Ho denunciato questo stato di cose nel 2013, il primo anno da direttore artistico, in un’intervista a un quotidiano. Il titolo dell’intervista “La burocrazia sta uccidendo il Roccella Jazz Festival” la dice lunga sul tenore delle mie accuse. L’allora Governatore della Calabria ritenne opportuno intervenire con un comunicato per rassicurare tutti. Non cambiò niente. Non per colpa del Governatore, ma per l’arroganza di un ceto che in Italia resta sempre impunito».
«Ormai il Festival è gestito interamente dal Comune di Roccella Jonica che ha predisposto una struttura organizzativa completamente nuova. Io sono l’unico “sopravvissuto” della vecchia organizzazione» (Vincenzo Staiano)
«Per quanto riguarda la foto mi consenta di fare un ragionamento un po’ contorto. Il legale rappresentante, come dice lei, da politico navigato ed esperto in comunicazione avrebbe suggerito di non metterla sul profilo, per varie ragioni. Mi permetta di dirle, però, che non si tratta di culto della personalità, ma di un atto di affetto e di riconoscenza nei confronti di una persona che ha fatto di Roccella un paese splendido in una regione molto difficile e complessa. Dei compensi non pagati per colpe di altri non possono far venir meno i meriti storici, come dice lei, e le opere realizzate: il Porto Turistico e il restauro del Castello medievale di Roccella, un tratto di autostrada che bypassa il paese, il Parco Nazionale del’Aspromonte, l’Università di Reggio Calabria e 36 anni di Festival che hanno segnato la storia del jazz italiano. Era, di fatto, dopo Equitalia e INPS, il maggior creditore del Festival».
Mi corregga se sbaglio, la prego: dalle sue parole e dalla messa in liquidazione delle precedenti associazioni emerge sostanzialmente che l'attuale gestione del Festival ritiene – del tutto correttamente dal punto di vista legale – che le spettanze precedenti riguardino le associazioni precedenti e che ogni creditore possa/debba rivolgersi esclusivamente al liquidatore per ottenere, eventualmente, quanto avanzato. Ciò significa, le chiedo di ribadirlo per chiarezza, che l'attuale gestione del Festival (che ha appena ricevuto conferma di un finanziamento Regionale triennale davvero consistente, 600.000 euro) non si fa e non si farà mai carico, nè amministrativo nè "morale" della spiacevole situazione creatasi in alcune delle edizioni precedenti?
«La cosa più opportuna da fare è rivolgersi al liquidatore delle due associazioni che sono state sciolte presentando dei titoli di credito (contratti, fatture, eccetera). L’attuale gestore del Festival, però, è un ente pubblico e, secondo me, non può fare alcunché. Un comune opera in modo molto complesso, ci sono leggi, regolamenti e iter burocratici che condizionano qualsiasi tipo di scelta o volontà risolutiva».
Ritiene ci sia qualcosa che l’attuale gestione del Festival può fare o ha intenzione di fare per smussare anche parzialmente questo clima poco sereno nei confronti della manifestazione?
«Se lei si riferisce ai pagamenti, come le ho detto prima, non ci sono margini. C’è un elemento che non bisogna mai sottovalutare: la rendicontazione. L’attuale gestione del Festival, cioè il Comune di Roccella Jonica, deve rendicontare le spese alla Regione Calabria rispettando quanto previsto nel progetto triennale presentato a giugno».
Approfitto per chiederle com’è andata l’edizione 2017 del Festival…
«Bene. Anche se il Festival è partito con grande ritardo (il Comune di Roccella Jonica ha saputo del finanziamento della Regione Calabria solo ai primi di agosto) i risultati sono andati oltre le aspettative. Credo che il programma sia piaciuto e in termini numerici si è registrato anche qualche primato in termini di spettatori paganti. Si è registrato il più alto numero di abbonamenti della storia del Festival, anche se è opportuno precisare che il Comune ha voluto tenere molto basso il prezzo dei biglietti. Sul piano artistico, probabilmente, ha tirato molto la scelta di puntare su Rino Gaetano (che ha origini calabresi) con due produzioni originali affidate a Giovanni Tommaso e a Massimo Donà. A queste due produzioni originali ne sono state affiancate una curata dal fotografo Pina Ninfa e altre che hanno avuto come protagonisti molti giovani talenti del jazz italiano, che hanno presentato a Roccella le loro proposte consapevoli del fatto che il Festival rappresenta una importante “vetrina” nazionale e internazionale. Hanno suscitato un grande interesse anche il concerto di Jonathan Finlayson, quello del Roccella Quartet che ha visto per la prima volta insieme Alexander Hawkins, Sabir Mateen, John Edwards e Steve Noble e molti altri nella struttura principale e nelle altre che ospitano i concerti del Festival. Mi preme sottolineare che alle strutture prima menzionate se ne è aggiunta un'altra di grande fascino come l’appena restaurato Castello Medievale che ha ospitato un concerto e le Masterclass. Tutto ciò fa di Roccella una vera e propria cittadella dello spettacolo e aumenta l’appeal del Festival».
La recente conferma del finanziamento Regionale Triennale verso che tipo di progettualità potrebbe spingere il Festival?
«Non è ancora completamente definita, a parte quella già espressa nel progetto che è stato presentato alla Regione Calabria, che ha dovuto tenere conto degli indicatori di cui parlavo prima. Comunque si guarderà al jazz italo-americano (soprattutto al contributo dato da musicisti di origine meridionale) e, successivamente, a quello balcanico che, finora, è stato poco esplorato. Abbiamo già messo su una rete di contatti per andare in queste direzioni. Bisogna tenere conto del fatto, però, che il budget attuale è solo un terzo di quello di solito impegnato nel passato per organizzare il Festival. Il Comune di Roccella, comunque, sta lavorando a un’ipotesi di rilancio allo stesso livello».
«La cosa più opportuna da fare è rivolgersi al liquidatore delle due associazioni che sono state sciolte. L’attuale gestore del Festival, però, è un ente pubblico e, secondo me, non può fare alcunché» (Vincenzo Staiano)
Ada Montellanico: la questione non si risolve con un cambio di gestione
La situazione pare quindi tutt’altro che risolta, come ci conferma Ada Montellanico, presidente di MIdJ, che ci racconta il difficile rapporto di alcuni associati con Roccella:
«Un paio di anni fa diversi soci mi avevano scritto per segnalarmi la loro posizione con riferimento a concerti non ancora pagati dopo anni di attesa, aggiungendo anche la circostanza grave che, emesse le fatture, gli stessi avevano dovuto pagare tasse e IVA. Un musicista aveva anticipato i soldi dei viaggi di tutto il gruppo e neanche quelli erano stati rimborsati oltre al pagamento del cachet, fatto abbastanza grave, così come quello di un gruppo che dopo aver saputo da altri colleghi dell'insolvenza, pretese l'invio prima della partenza per Roccella della ricevuta del bonifico del concerto. La ricevuta fu inviata, il gruppo partì, ma non ricevette mai i soldi perché il bonifico era stato revocato».
MIdJ allora come si è regolata?
«Nell’ottobre del 2015, in occasione della prima riunione di MIdJ Calabria invitai a Reggio Calabria il dott. Staiano per un confronto e per dar modo allo stesso di poter fornire la sua versione dei fatti. Non accettò l’invito, ma la direzione del festival inviò comunque una email in cui spiegava i motivi per i quali il festival si fosse trovato in quelle condizioni, concludendo con l’intenzione di onorare gli impegni economici assunti con una pianificazione entro la fine dell’anno».
Questo non è avvenuto e le polemiche si sono poi spostate su Facebook, terreno solitamente piuttosto scivoloso per affrontare questioni di questo tipo. Qual è attualmente la posizione dell’associazione?
«Roccella Jonica ha rappresentato per tutto il mondo del jazz un evento di grande rilevanza, un grande festival che ha ottenuto enormi consensi di pubblico e di critica proprio per il suo programma innovativo e di ricerca, un festival che ha reso famoso quel magnifico luogo a livello internazionale. Mi chiedo come questa immagine e stima possa essere stata persa in questi anni e perché non si sia fatto nulla per evitare di arrivare a questo punto».
«Nell’ottobre del 2015 la direzione del festival in una email manifestò l’intenzione di onorare gli impegni economici assunti con una pianificazione entro la fine dell’anno» (Ada Montellanico)
«Nessuno musicista vuole che un festival muoia o che perda la sua credibilità, non solo perché verrebbe a mancare un'opportunità di lavoro, ma perché sarebbe una grave perdita a livello culturale e sociale. Per questo MIdJ spinge perché si arrivi ad una soluzione, un accordo affinché il nome di questo festival ritorni a essere nel cuore di tutti noi e a godere la stima nel panorama jazzistico nazionale».
Le risposte che sono state date finora, i problemi evidenziati dalla direzione non vi convincono?
«Conosciamo le ataviche questioni che attanagliano i festival, fondi che vengono erogati in misura minore a quelli richiesti e arrivano a festival già terminato, rendicontazioni complesse e difficilissime, eccetera. Proprio per questo MIdJ si è unita all'associazione dei festival I-Jazz per portare avanti proposte che ridiano linfa e tranquillità all'organizzazione di un festival. Sono ormai tre anni che lavoriamo a livello istituzionale per far riconoscere il valore e l'identità della nostra musica e insieme a questo per restituire dignità e rispetto verso la nostra professione. Rispetto, correttezza, trasparenza devono essere i principi fondanti il rapporto tra musicisti e organizzatori, perché entrambi concorrono alla riuscita della manifestazione e alla crescita culturale del nostro Paese. E su queste basi che stiamo tessendo la rete del Jazz italiano e su queste basi diciamo che Roccella, se vuole mantenere la grandezza del nome del festival e quindi la sua storia, deve purtroppo farsi carico di risolvere anche la pesante e vecchia questione, che non può cancellare con un “cambio di gestione” se non vuole ogni anno trovarsi con le medesime polemiche. Perché queste ci saranno ogni anno».
Cosa suggerite quindi?
«Basta poco forse. Basterebbe richiamare tutti i musicisti, fornire le spiegazioni che non ci sono mai state, chiedere scusa per l’accaduto, magari inserirli (sono tutti magnifici e di gran livello) nella programmazione dei prossimi tre anni e pagarli oltre al cachet pieno almeno di una buona parte del debito precedente e così si cancellerebbe di fatto questa brutta storia. Solo costruendo un ponte si potrà parlare proprio di una vera ripresa. Noi ce lo auguriamo fortemente e aspettiamo ancora una risposta che spero arrivi presto».
«Roccella, se vuole mantenere la grandezza del nome del festival e quindi la sua storia, deve purtroppo farsi carico di risolvere anche la pesante e vecchia questione, che non può cancellare con un “cambio di gestione”» (Ada Montellanico)
Un codice etico per i festival jazz
Come dicevamo all’inizio dell’articolo, il Festival di Roccella non fa parte dell’associazione dei festival di jazz italiani, I-Jazz, ma è interessante dare un’occhiata veloce al codice etico dell’associazione per vedere quali sono le indicazioni e condividere qualche annotazione finale.
Tra i principi generali del codice etico di I-Jazz troviamo quelli di legalità, integrità morale, promozione della cultura e della sostenibilità, la valorizzazione delle persone e la non discriminazione dei collaboratori, nonché di trasparenza e correttezza nelle operazioni contabili e nei pagamenti, tanto che il codice etico integra lo statuto in tema di ammissione e decadimento dei soci, tra i cui criteri troviamo esplicitamente: effettuare i pagamenti a fornitori, musicisti e collaboratori secondo tempi adeguati e compatibili con una normale gestione contabile.
La direzione intrapresa dalle associazioni “di categoria” ci sembra indicare un lento, certo faticoso, ma deciso intento di porre le relazioni tra musicisti e festival in un più corretto e efficiente rapporto di serietà e professionalità reciproca. Tutti sanno bene quanto l’entusiasmo e il “volontariato”, per non dire del precariato, siano state l’anima – e spesso continuino a esserlo – di molte lodevoli iniziative legate al jazz nella nostra penisola.
Ma si sente sicuramente (e la vicenda di Roccella, comunque la si voglia vedere, è davvero emblematica di questo) la necessità di una maggiore serietà da parte di molti organizzatori e di un nuovo “patto” tra tutte le parti in causa, per evitare che si esca tutti un po’ perdenti da questo scenario.