De Rerum Musica
Roma: Herlitzka voce recitante e regista per un melologo da Lucrezio
Se la musica per il cinema continua a essere uno dei più fecondi sbocchi per l’attività di un compositore – i signori Hans Zimmer e John Williams lo sanno bene – perché non cimentarsi con lo stesso entusiasmo anche nel campo del teatro? Ecco dunque De Rerum Natura, melologo su testi di Tito Lucrezio Caro – presentato all’interno della programmazione 2017 del 32° Romaeuropa Festival e del 54° Festival di Nuova Consonanza – con Roberto Herlitzka, che ha proposto la propria traduzione in terzine dantesche del classico latino, accompagnato dall’Orchestra Sinfonica Abruzzese diretta da Enrico Marocchini. Possibile risposta all’interrogativo Where are we now? scelto come motto di Romaeuropa, ma soprattutto esempio di quell’attenzione al teatro musicale che Nuova Consonanza sta mostrando nel Festival di quest’anno, il lavoro condotto a termine dai quattro compositori coinvolti nello spettacolo di Herlitzka ha provato a invertire i due termini, convertendo il binomio ‘teatro musicale’ in quello di ‘musica teatrale’. Ne è scaturito non un ‘concerto’ ma un affascinante ‘spettacolo’, protagonista indiscusso quel colosso del teatro italiano che Roberto Herlitzka continua ad essere senza risentire minimamente dei suoi ottant’anni, calamitando l’attenzione del pubblico per oltre un’ora mentre declamava il grande poeta latino mentre mette in versi la dottrina di Epicuro e ci continua a stupire parlando di una natura fatta di atomi eterni. Le composizioni appositamente scritte – ed eseguite in prima assoluta – da Ivan Vandor, Lamberto Macchi, Matteo D’Amico ed Enrico Marocchini, si sono affiancate o alternate alla recitazione, proponendo una riflessione musicale sullo scenario filosofico nel quale si muoveva il testo di Lucrezio, che ognuno ha declinato in maniera del tutto personale. Dei quattro contributi musicali forse quello iniziale, composto da Ivan Vandor, è stato il più vicino a un’idea assoluta (e autonoma) della musica, creando una sorta di tappeto sonoro affidato soprattutto agli archi che tuttavia si è andato a sovrapporre con qualche difficoltà alla declamazione di Herlitzka, gareggiando in qualche modo con quest’ultima nel richiedere – e meritare – la totale attenzione del pubblico. Più riuscito il risultato complessivo con gli altri tre brani, durante i quali peraltro gli interventi dell’attore erano organizzati come quelli di un solista insieme all’orchestra. Se il brano di Lamberto Macchi poteva lasciar pensare a una passacaglia dal carattere drammatico, quello composto da Matteo D’Amico è andato a commentare i testi in cui Lucrezio parla degli atomi con una scrittura a dir poco puntiforme, ricca di suggestioni timbriche affidate alle percussioni. Linguaggio più eclettico quello che Enrico Marocchini – sotto la cui guida l’Orchestra Sinfonica Abruzzese ha peraltro dato una eccellente prova di bravura – ha adottato per l’ultima parte dello spettacolo, con un commento sonoro forse più funzionale che originale, ma che ha saputo condurre l’ascoltatore per mano mentre Herlitzka declamava i versi di Lucrezio dedicati alle ultime cose, agli ultimi momenti di una vita che non è immortale ma proprio per questo va vissuta e assaporata in tutti i suoi più minuti aspetti.
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