Un concerto per la Riforma Luterana
Roma: il Festival di Musica Sacra si conclude ricordando i cinquecento anni della Riforma
Non solo Wiener Philharmoniker al Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra di Roma, ma anche altre proposte che, sempre nei più significativi luoghi sacri della capitale, offrono la possibilità di accostarsi a un repertorio particolarmente suggestivo. E’ quello che si può dire soprattutto del concerto con cui si è concluso il Festival 2017. La scelta della data, del luogo e del programma non erano affatto casuali, dal momento che si è svolto proprio nel giorno del compleanno di Martin Lutero, all’interno della Basilica di Santa Maria del Popolo nella quale l’allora monaco agostiniano soggiornò durante il suo viaggio a Roma nel 1511-12, e ha visto l’esecuzione di musiche strettamente legate alla Riforma luterana. “Eine feste Burg ist unser Gott”, vero e proprio inno della Chiesa protestante, campeggiava non solo nel titolo del concerto ma anche all’interno del programma, insieme ad altre composizioni di Johannes Eccard, Samuel Scheidt e Heinrich Schütz: una serie di mottetti per voci e strumenti che hanno testimoniato il fondamentale ruolo affidato alla musica dallo stesso Lutero, ma al tempo stesso – grazie alla presenza del Lauda Jerusalem di Claudio Monteverdi – hanno pure evidenziato quei legami stilistici che, specie grazie a Schütz, si andarono a creare tra il repertorio cattolico e quello protestante proprio in un periodo altrimenti caratterizzato da un’estrema contrapposizione tra le due confessioni e dalle sue conseguenze belliche in Europa. L’Ensemble Instrumenta Musica – protagonista delle pagine strumentali di Michael Praetorius inserite in più punti del programma – e il Kammerchor der Frauenkirche Dresden sono stati efficacemente guidati da Matthias Grünert, che ha saputo sottolineare le trame polifoniche di tutti i brani sacri, in particolare quelli di Monteverdi e Schütz. Sostanzialmente buono il livello del complesso vocale ma, trattandosi di un gruppo semi-professionale, i limiti esecutivi sono emersi in più di un’occasione. Per un repertorio così ricco di spiritualità e di intima bellezza, ma anche così poco ascoltato nelle Chiese romane, perché non affidarsi in futuro a formazioni di più alta levatura che certamente non mancano in terra tedesca?
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