Il ritorno di Fra' Diavolo, in cabriolet
Opera di Roma: riemerge dal passato la vecchia opera di Auber, per regia di Barberio Corsetti
Fra Diavolo mancava all'Opera di Roma dal 1884 (!) ma un tempo era famosissimo, come dimostra anche l'omonimo film di Stanlio e Ollio del 1933, che cita molti motivi dell'opera e che ancora oggi viene trasmesso regolarmente dalla tv. L'opera era nata cent'anni prima del film, esattamente nel 1830: Rossini ancora imperava e anche un compositore maturo e famoso come Auber non doveva vergognarsi di prendere da lui molti spunti, cominciando con i rulli di grancassa all'inizio dell'ouverture, che vengono dritti dritti dalla Gazza ladra, e proseguendo con tantissimi motivi, che chiunque attribuirebbe a Rossini, se si prescindesse dal contesto, perché Rossini al confronto di Auber appare morigerato e soprattutto molto più attento allo stile.
Intendiamoci, anche Auber è attento allo stile o più esattamente agli stili, perché non gli interessa l'unità stilistica e con gli stili ci gioca, citandoli liberamente in un mosaico di abili incastri: per esempio, nell'introduzione si succedono una marcia, una chanson à boire, parti sentimentali e parti comiche, ciascuna delle quali non vuole apparire nuova e originale ma è la citazione di un topos musicale noto e riconoscibile a tutti. Con eleganza, leggerezza, melodie frizzanti, ritmi vivaci, orchestrazione ben calibrata. In più un tono seducente e malizioso, che ci fa capire che siamo nei libertini territori dell'opéra-comique francese, anzi parigino. Tutto il secondo atto si svolge nelle camere da letto: Milady cerca invano di risvegliare le attenzioni del marito, invece Zerlina prima si spoglia per andare a dormire, per di più commentando lei stessa le proprie curve, mentre tre uomini la spiano dal buco della serratura, e poi alterna le preghiere rivolte alla Sainte Vierge con i pensieri rivolti al promesso sposo, che non sono del tutto casti, come fa intuire la regia.
A Roma si è eseguito questo opéra-comique non con i parlati originali ma con i recitativi musicati della versione in italiano preparata per le rappresentazioni fiorentine del 1866 (naturalmente ritradotti in francese) e con le arie aggiunte dall'ottantaquattrenne Auber in quella occasione (mancava però la virtuosistica cavatina di Zerlina "Or son sola, alfin respiro", incisa da tante famose cantanti, dalla Pagliughi alla Sutherland). Questa versione un po' pasticciata non è stata una scelta felicissima, non per questioni di filologia ma perché i recitativi rallentano il ritmo teatrale e soprattutto impediscono ai numeri musicali di partire con lo scatto bruciante che hanno nella versione francese con i parlati. L'esecuzione in compenso è stata ottima, sotto la bacchetta dello scozzese Rory Macdonald, elegante ma qua e là un po' monotono. John Osborn (Diavolo) era vocalmente impeccabile, come al solito, ma questa volta anche spiritoso. Altrettanto spiritosi e impeccabili Anna Maria Sarra (Zerlina) e Giorgio Misseri (Lorenzo). Molto bene anche Roberto De Candia (Lord Rocburg), Sonia Ganassi (Lady Pamela), Matteo (Alessio Verna), Jean Luc Ballestra (Giacomo) e Nicola Pamio (Beppo).
Ma il punto di forza dello spettacolo era l'allestimento firmato da Giorgio Barberio Corsetti, con la collaborazione di Massimo Troncanetti per le scene. La parte più creativa erano proprio le scene e i video, che delle scene erano parte integrante, perché andavano completandole durante l'azione, creando di volta in volta le diverse atmosfere che la musica richiedeva. Durante l'ouverture sono i video a fare tutto: creano la cabriolet anni Sessanta in cui viaggiano il milord e la lady, i verdi paesaggi da loro attraversati, le minacciose e gigantesche mani nere che calano dall'altro per rapinarli, dopo di che il paesaggio non appare più tanto idilliaco ai due turisti inglesi e viene sfigurato da fabbriche e condomini popolari. Nella sua prima aria Milord racconta i suoi viaggi e le sue peripezie e allora si ritrova improvvisamente a bordo di una mongolfiera apparsa dal nulla. E così via. Che le scene siano state create con una stampante in 3D (è la prima volta che avviene) e fossero di un materiale biodegradabile ricavato dal mais aggiungeva un tocco moderno ed ecologico a questo felice spettacolo.
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