Siamo abituati ormai da tempo ai solisti che suonano e contemporaneamente dirigono l’orchestra che li accompagna: situazione frequentissima nel repertorio barocco e molto praticata per i concerti mozartiani, specie fra i pianisti. Ma non si penserebbe mai di poterla sperimentare anche nel caso del monumentale concerto brahmsiano in Si bemolle, fra i più vasti e complessi in letteratura.
L’orchestra che accompagna Sir András Schiff in questo attesissimo concerto del Bologna Festival è la mirabile Chamber Orchestra of Europe, che se proprio cameristica poi non è, di un direttore d’orchestra neppure ha bisogno, tanto è equilibrata e affiatata fra i suoi ranghi.
Possente la resa dei primi due movimenti del Concerto, leggera e quasi eterea nei restanti due. Con il suo meraviglioso pianoforte personale Bösendorfer, poderoso nei bassi e brillante negli acuti, Schiff si trova a proprio agio in entrambe le situazioni, perché non manca certo di vigore quando i toni corruschi di Brahms lo richiedono, né si astiene dal giocare con le figurazioni scherzose che lo fanno danzare sulla tastiera. Resta semmai la sorpresa, ogni volta che sentiamo Schiff, sulla reazione del pubblico, letteralmente trascinato da un interprete che per sua natura non è tuttavia un vortice di emotività, ma al contrario offre un’anima algida a ciò che suona, quasi con distacco.
Nella prima parte della serata, Schiff è impegnato come direttore nella caleidoscopica “Musica per archi, percussioni e celesta” di Bartók, la cui natura musicale “oggettivistica” è perfettamente in linea con la sua. E conduce l’orchestra con gesto “figurativo”, più che tecnicamente direttoriale, quasi a voler proporre con le mani nude una guida all’ascolto della partitura, mentre gli archi offrono una lezione di pulizia sonora e intonazione senza pari.
Il tutto è preceduto da due Ricercari bachiani tolti dall’“Offerta musicale”, uno eseguito da Schiff al pianoforte, l’altro dalle prime parti degli archi: una sorta di inedito preludio a Bartók, che diventa anche una chiave di lettura geometricizzante alla pagina orchestrale fatta seguire senza soluzione di continuità.
Ma di tutto il concerto, il pubblico non dimenticherà mai i due bis: un amabile pezzetto bartokiano per bambini eseguito da Schiff al pianoforte, poi tutta l’orchestra in piedi a cantare uno dei Liebeslieder Walzer di Brahms con una precisione, intonazione e bellezza di suono da far arrossire tanti cori professionali.
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