Solo il tempo, in memoria di Falcone e Borsellino

Pappano dirige una novità di assoluta di Pasquale Corrado, poi Schumann e Mendelssohn

Recensione
classica
Accademia Nazionale di Santa Cecilia Roma
20 Maggio 2017
Antonio Pappano ha tra i suoi tanti meriti anche quello di farsi carico di quasi tutte le prime esecuzioni assolute - non moltissime, a dir e il vero - in programma all'Accademia di Santa Cecilia e di portarle al successo, grazie anche alla fiducia incondizionata del pubblico romano in tutto quel che egli fa. Questa volta ha diretto - facendolo precedere come sempre da una breve spiegazione comprensibile a tutti - "Solo il tempo" del trentottenne Pasquale Corrado, dedicato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Corrado ha scelto non un testo che abbia un riferimento diretto ai due dedicatari ma alcuni versi del "Prometeo incatenato" di Eschilo, che terminano con queste parole: "la memoria di tutto, che è madre operosa del Coro delle Muse". La relazione con i tragici fatti di venticinque anni fa sta dunque nell'invito a non dimenticare, perché la memoria è la base su cui si sviluppa la civiltà in opposizione alla barbarie. Il coro - che intona il testo nell'originale greco - è all'inizio come una voce primordiale che giunga appena percettibile da lontano e dal profondo, superando a fatica il tempo e lo spazio, avvolta e contrastata da un'orchestra anch'essa sommessa, ma aspra nelle dissonanze, nei ritmi, nei colori. È una lotta tra forze primigenie e contrapposte. Man mano la tensione sale, la violenza aumenta, ma sono ottenute risparmiando sui decibel, senza effetti clamorosi ed esteriori. Nel finale tutto diviene impalpabile, svanisce nel silenzio, non c'è più suono, ma il compositore prescrive agli esecutori di rimanere immobili per dieci secondi, perché "Solo il tempo" continua ancora. Un pezzo non solo magistrale - questo sarebbe il meno - ma veramente bello: questa volta si può usare quest'aggettivo, che non viene facilmente alla bocca a proposito di musica contemporanea. Sembra di riconoscere che, nonostante i suoi studi a Milano, Roma e Parigi, Corrado resta un figlio della Magna Grecia e che è ancora vivo in lui il legame con quella civiltà che univa al pensiero la bellezza. Si volta pagina. Mitsuko Uchida suona il Concerto op. 56 di Schumann, che il compositore voleva inizialmente intitolare Fantasia e che la pianista esegue come se la musica fluisse naturalmente sotto le sue dita, con un equilibrio perfetto tra spontaneità e controllo, semplicità e profondità. Gli slanci appassionati e gli abbandoni sognanti del compositore romantico ci sono tutti ma non hanno bisogno di esplodere focosamente, sono miniaturizzati come la natura in un giardino zen, dove un fiore, un tronco e un sasso rappresentano il mondo intero. Un'interpretazione meravigliosa, ma si poteva pensare che non avrebbe riscaldato molto il pubblico, invece la reazione è stata entusiastica. Solo la Uchida avrebbe potuto scegliere di rispondere a tanto calore con un bis come il minuto scarso di un Klavierstück di Schoenberg. Dopo aver accompagnato da par suo la Uchida, Pappano ha diretto magnificamente la Sinfonia "Scozzese" di Mendelssohn. Ottime le prestazioni del coro (nel brano di Corrado) e dell'orchestra, galvanizzata dal successo della tournée europea da cui è appena tornata.

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