Caro Wolfgang, tanti auguri dalla tua Cecilia
Concerto romano di Cecilia Bartoli dedicato a Mozart nel giorno del suo compleanno
Recensione
classica
È piuttosto raro ascoltare in Italia la cantante italiana più famosa nel mondo. La ospita con relativa frequenza soltanto l'Accademia di Santa Cecilia, dove questa volta Cecilia Bartoli è stata la protagonista di un gala nel giorno del compleanno di Mozart. La cantante romana, che sceglie sempre con intelligenza e con scrupolo musicologico i suoi programmi, ha trasformato questa festa - che rischiava di essere un po' futile - in un interessante seppur necessariamente sintetico excursus attraverso i vari aspetti della vocalità in Mozart, scegliendo cinque suoi pezzi non molto noti, scritti per la chiesa, per la sala da concerto, per l'opera buffa e per quella seria, dagli anni dell'adolescenza fino al fatidico 1791. Questo ha consentito alla Bartoli di dimostrare ancora una volta la sua straordinaria versatilità. Ha cominciato con due pezzi sacri, "Exultate, jubilate" del 1773 e "Laudate Dominum" del 1780, scritti per le voci ormai prossime all'estinzione dei cantanti castrati. Il primo, destinato al grande Rauzzini, esprime il giubilo con paurose ascensioni all'acuto e interminabili sequenze virtuosistiche: quest'ultime la Bartoli le ha superate con la facilità che ben conosciamo, ma che ancora ci impressiona ogni volta, mentre gli acuti li ha affrontati con sicurezza ma senza troppa baldanza, forse perché la voce era ancora fredda. O forse perché gli anni passano e la Bartoli, che aveva iniziato trent'anni fa come mezzosoprano, sta tornando a trovarsi più a suo agio in quel registro che in quello di soprano. Il "Laudate Dominum" è invece un'aria affettuosa e sublimemente semplice, come solo Mozart sapeva scriverne: la Bartoli ha giocato qui l'altra sua carta vincente, l'insuperabile varietà di colori e di inflessioni, che, senza turbare la linea purissima della melodia, danno un'espressione diversa a ogni frase e talvolta perfino alle singole parole, centrando tutte le sfumature espressive. Questa sua capacità ha potuto rifulgere anche in "Ch'io mi scordi di te", dove si avvertivano l'emozione e l'affetto con cui Mozart pensava alla dedicataria di questo recitativo e aria, Nancy Storace, la prima Susanna. È un pezzo molto ampio e impegnativo e forse in qualche momento si è avvertita nella voce un'ombra di stanchezza, subito superata. Poi nell'aria buffa "Chi sa, chi sa qual sia" (scritta per "Il burbero di buon cuore" di Martin y Soler) abbiamo ritrovato la Bartoli che cantando sa divertirsi e divertire e che si accosta a questi personaggi come se fossero ragazze di oggi, senza manierismo settecenteschi. Per finire ha scelto l'aria di Sesto "Parto, parto" dalla "Clemenza di Tito", un personaggio maschile scritto per un mezzosoprano, ormai non più un castrato ma una donna en travesti. Brano dopo brano Cecilia ha conquistato il pubblico con la sua arte e anche con i suoi atteggiamenti da diva, di cui ella stessa sorride, lasciando intendere che la sua è in realtà una caricatura ironica degli atteggiamenti da diva e che fa parte dello spettacolo.
La Bartoli non è stata la sola protagonista del concerto. C'era anche Antonio Pappano, che quando accompagna i cantanti è come un pesce nell'acqua. C'erano il coro e il suo maestro Ciro Visco, che dopo "Misericordias Domini" e "Ave verum Corpus" hanno avuto applausi non meno scroscianti di quelli della Bartoli. C'erano l'orchestra e due suoi membri, il flauto Carlo Tamponi e l'arpa Cinzia Maurizio, splendidi solisti nell'Andantino del Concerto K 299.
Interpreti: Cecilia Bartoli; Carlo Tamponi; Cinzia Maurizio
Orchestra: Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore: Antonio Pappano
Coro: Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Maestro Coro: Ciro Visco
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