Il Roma Barocco Festival
Cantate riscoperte e musiche dotte e popolaresche per il Natale
Recensione
classica
Da qualche anno Roma si è accorta di essere stata la capitale del barocco non solo nel campo dell'architettura, della scultura e della pittura, ma anche della musica. Ha dato un contributo fondamentale a questa scoperta il Roma Festival Barocco, che in questa sua nona edizione ha fatto un netto scatto in avanti, aumentando considerevolmente il numero dei concerti. Si è inaugurato il 21 novembre con un convegno e un concerto dedicati a Carlo Francesco Cesarini, di cui il giovane musicologo Giacomo Sciommeri ha recentemente scoperto e pubblicato alcune Cantate. Il soprano Stéphanie Varnerin e l'ensemble L'Astrée diretto da Giorgio Tabacco ne hanno eseguite quattro, due col solo basso continuo e due con strumenti obbligati. Appartengono a quel filone austero del barocco romano che discendeva per li rami dal capo indiscusso della scuola musicale romana - Palestrina, of course - e che conviveva col barocco più esuberante. D'altronde i testi di queste cantate sono del cardinale Benedetto Pamphili, membro eminente dell'Accademia dell'Arcadia, fondata nel 1690 e schierata su posizioni antibarocche e classicistiche. Quindi non ci si aspettino fuochi d'artificio vocali da queste Cantate di sobria eleganza, che non entusiasmano ma persuadono con la loro "affettuosità" e si dedicano non alle solite e ripetitive pastorellerie ma ad argomenti più vari e di maggior interesse drammatico: Fetonte, Arianna, la "reina d'Adria" ovvero Venezia, una contraddittoria passione umana quale la gelosia. Il festival si è concluso il 22 dicembre con due concerti, pomeriggio e sera, in due diverse chiese romane, entrambi dedicati alla musica per il Natale. Il primo era dedicato a quella musica natalizia che si basava su soggetti musicali semplici, spesso ispirati a melodie popolari, e che era il corrispettivo sonoro dei presepi. Non si può qui riferire di ognuno dei quindici compositori eseguiti, ma si deve almeno evidenziare il ruolo importantissimo svolto in quest'ambito musicale dalla Congregazione dell'Oratorio, fondata a Roma da San Filippo Neri. I Filippini si rivolgevano a un pubblico semplice e le musiche ascoltate, sebbene firmate da maestri di cappella ferratissimi nel contrappunto, si ispiravano a tale schiettezza popolare: valga come esempio Amici pastori di Bonifacio Graziani, in cui due angeli (due tenori) cantano a Gesù una ninna nanna su una melodia di chiara derivazione popolare, al cui centro s'inserisce un vero e proprio stornello romanesco, cantato con voce non impostata da Alessandro Quarta, il direttore di Concerto Romano, un gruppo vocale e strumentale che giustamente si sta affermando a livello internazionale. La sera Michele Gasbarro - direttore artistico del festival - e il suo ottimo ensemble Festina Lente hanno dedicato il concerto finale alla Messa a nove voci in due cori con due violini obbligati e basso continuo scritta da Alessandro Scarlatti per il Natale del 1707, che fa parte del prezioso repertorio da lui composto per la basilica di Santa Maria Maggiore, che da alcuni anni Luca Della Libera sta riportando alla luce. Si tratta di un vero capolavoro di grandiosa concezione, che per organico e durata va oltre le consuetudini dell'epoca. Anche qui - soprattutto nel Kyrie - si avvertono toni popolari da piva natalizia, ma ci sono anche imponenti passaggi fugati, come quelli che chiudono il Gloria e il Credo. Quel che più colpisce è l' "affettuosità" di questa musica: nella gioia e nell'esultanza del Gloria, nell'intensità dell'Homo factus est, nella tragicità del Crucifixus sembra di avvertire la partecipazione diretta dell'autore, che di regola era esclusa prima del romanticismo. Salutata questa edizione del festival, è lecito nutrire molte aspettative per la prossima, la decima.
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