La piazza di Novara
La Fire! Orchestra non delude il pubblico di Novara Jazz
Recensione
jazz
Mi stanno raccontando di come qualcuno (nel pubblico) avesse storto il naso ascoltando un solo di Evan Parker, passato per Novara qualche anno fa (in strana coppia con Michael Nyman). Le famose “esigenze della piazza”, che infestano i sogni di molti direttori artistici, e con cui Novara Jazz ha imparato a trattare con rara abilità, non rinunciando – forte anche di una solida credibilità costruita in anni di lavoro continuativo – praticamente a nulla… Neanche il tempo di articolare il pensiero in risposta che la Fire! Orchestra è salita sul palco. Mats Gustafsson sbuca da dietro, raggiunge rapidissimo il proscenio, e attacca una sequenza in solo. Senza microfono, il suo baritono pettina le prime file per un paio di minuti esponendo in una sintesi quasi da bignami la quantità e la qualità di suoni e rumori che il musicista può trarre dal suo strumento. Il folto pubblico del cortile del Broletto, nel centro cittadino, sembra gradire. Poi, un rapido attacco e parte il concerto.
La formula messa a punto dalla Fire! Orchestra diretta dal sassofonista norvegese – che arriva a Novara con un organico di poco inferiore alla ventina, con due batterie, due chitarre, elettronica, ampia sezione fiati e le voci di Mariam Wallentin e Sofia Jernberg (la prima metà dei Wildbirds & Peacedrums, con il marito Andreas Werliin, una delle due batterie) – è sulla carta piuttosto semplice. Alla base c’è un poderoso groove collettivo, solitamente portato avanti su riff piuttosto elementari e reiterati a lungo, e che conducono spesso la formazione in una zona franca fra psichedelia, funk e post-punk. Sopra queste solide fondamenta, i fiati costruiscono – ora in conduction, ora lavorando insieme alla ritmica – una massa sonora varia e colorata.
Le chitarre e l’elettronica agiscono spesso da elementi di disturbo, con un eccellente lavoro sugli effetti. Non c’è – come in altre esibizioni della Fire! – un flusso unico, ma piuttosto alcune (si potrebbero quasi chiamare) “canzoni” lunghe, inframmezzate da sezioni di “pausa” lasciate a gruppi di solisti (uno dei momenti migliori è un “duello” fra le due chitarre, fatto di glitch e sequenze totalmente destrutturate). Tutto fila via molto rapidamente (troppo: alla fine l’orchestra suona appena poco più di un’ora, e un paio di “canzoni” in più sarebbero state gradite) fra l’entusiasmo del pubblico. Un bel concerto, al termine di una bella edizione di Novara Jazz. Del resto, non è detto che le “esigenze della piazza” debbano per forza essere diverse da quelle della direzione artistica.
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