Per i media è indubbiamente "La Cenerentola di Emma Dante", quindi cominciamo dalla regia e precisamente dall'elemento che è stato messo in maggior rilievo già nelle presentazioni e nelle interviste, ancor prima di vedere lo spettacolo, cioè i gruppi di automi meccanici, forniti di chiavetta nella schiena per ricaricarli, che sono tanti sosia dei protagonisti. All'inizio eravamo prevenuti, perché ridurre i personaggi di Rossini a manichini o marionette è un'idea troppo sfruttata, oltre che sbagliata in partenza. Ma Dante ha usato questi automi in maniera diversa, non per disumanizzare i personaggi ma per sottolinearne le reazioni umane, sentimentali nel caso di Cenerentola, comiche nel caso delle sorellastre, Dandini e Don Magnifico. È soprattutto nel versante comico che l'espediente funziona a meraviglia: talvolta è comicità assoluta, da morir dal ridere, quasi una rivisitazione moderna della commedia dell'arte, talvolta è comicità "cattiva", ma sempre divertentissima. D'altronde questa favola - non tanto in Perrault quanto in Basile e in Rossini - è crudele, è una lotta feroce tra Cenerentola e le altre pretendenti alla mano del principe per uscire da una condizione infelice per la prima ma difficile anche per le altre. Infatti le invitate alla festa del principe arrivano armate di pistola contro le rivali e, quando poi si accorgono di non essere loro le prescelte, la rivolgono contro se stesse e si suicidano. È un mondo fiabesco ma con elementi stranianti, che - come ha chiarito la regista palermitana - guarda al Pop Surrealism americano, in cui il segno del cartoon, leggero e colorato, nasconde dettagli inquietanti. Però affollare la scena di mimi - seppur bravissimi - può essere pericoloso. Per esempio, il sestetto del nodo aggrovigliato è un fermo immagine ante-litteram e non dovrebbe essere circondato da un inutile balletto. Un balletto che invece funziona benissimo durante il temporale. Bisogna insomma rispettare il vecchio principio che in certi momenti la musica non va disturbata, un'idea da parrucconi che i registi moderni non vogliono prendere in considerazione. Era un miracolo di trasparenza la direzione di Alejo Pérez, che ha staccato tempi talvolta - non sempre - più lenti del consueto, senza cadere nella trappola della velocità forsennata, che secondo alcuni risolverebbe sempre tutto in Rossini e invece finisce con l'appiattirlo. Forse perché era alla sua prima opera rossiniana e non era esperto di quel tipo di vocalità, il giovane direttore argentino si è concentrato sull'orchestra a scapito delle voci. Fortunatamente in scena agivano due "buffi" di gran classe ed esperienza quali Alessandro Corbelli e Vito Priante. Juan Francisco Gatell era un principe vocalmente impeccabile ma privo di carattere, d'altronde lo stesso Rossini ne ha fatto un personaggio scialbo e ancor più la Dante. La protagonista Serena Malfi ha bellissimo timbro nel registro grave ma un po' corta in alto; nel primo atto sembrava avere qualche problema di spessore vocale, ma nel secondo il suo volume è miracolosamente raddoppiato e tutto si è sistemato.
Note: Nuovo allestimento
L'opera sarà trasmessa il 18 febbraio da Rai5
Interpreti: Serena Malfi/Josè Maria Lo Monaco (Angelina), Damiana Mizzi (Clorinda), Annunziata Vestri (Tisbe), Juan Francisco Gatell/Giorgio Misseri (Ramiro), Vito Priante/Giorgio Caoduro/Filippo Fontana(Dandini), Alessandro Corbelli/Carlo Lepore (Magnifico), Ugo Guagliardo/Marko Mimica (Alidoro)
Regia: Emma Dante
Scene: Carmine Maringola
Costumi: Vanessa Sannino
Coreografo: Manuela Lo Sicco
Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma
Direttore: Alejo Pèrez
Coro: Coro del Teatro dell'Opera di Roma
Maestro Coro: Roberto Gabbiani
Luci: Cristian Zucaro