L'ultimo Beethoven secondo Zimerman
A Roma pubblico in estasi per il concerto del pianista polacco
Recensione
classica
Solo chi pensava che Krystian Zimerman fosse legato principalmente al repertorio del connazionale Chopin è rimasto deluso, il resto del pubblico presente nella Sala Santa Cecilia ha applaudito calorosamente un eccezionale concerto dedicato alle ultime tre sonate di Beethoven. Vero è che il pianista polacco annoverava tra le sue più memorabili incisioni quelle degli ultimi due concerti del compositore tedesco, sotto la direzione di Leonard Bernstein, ma ugualmente egli ha aspettato un considerevole tempo di riflessione, prima di presentarsi al pubblico con questo impegnativo programma. Comunque fin dal "Vivace, ma non troppo" che apre l'op. 109 Zimerman ha sfoggiato una chiarezza di fraseggio, una pastosità di suono e un'intensità espressiva che lasciava capire come l'artista fosse penetrato appieno dentro lo spirito di Beethoven. Se il tempo finale di questa sonata è stato un capolavoro di cantabilità, l'intero brano, insieme alla successiva sonata op. 110 che completava la prima parte della serata, si è giovato dell'alta padronanza dell'interprete nel far percepire chiaramente ogni singolo dettaglio della struttura armonica e formale della scrittura beethoveniana. Raffinato concertatore, abile nell'utilizzare tutte le possibili inflessioni dell'agogica, Zimerman ha quindi eseguito l'op. 110 in modo alquanto fluido, arrivando progressivamente a una visione grandiosa nella fuga che conclude questo lavoro. Ma a convicere ancor più è stata la sonata con terminava il programma, quell'op. 111 che ha colpito per gli accenti drammatici, possenti ma mai duri, e per il gesto musicale sicuro. Vera delizia per il pubblico è stata poi la serie di trilli dell'Arietta, usciti dal pianoforte di Zimerman come candide ghirlande, incredibili per bellezza timbrica e chiarezza.
Interpreti: Krystian Zimerman, pianoforte
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