Una scacchiera per Simone
Successo a Modena per l'opera verdiana
Sulla struttura fissa di un colonnato, che grazie alla complicità di proiezioni virtuali a scene alterne è ampio terrazzo sul mare o austero interno d’ispirazione trecentesca, assistiamo alla storia di Simon Boccanegra, corsaro e primo Doge genovese eletto con il favore del popolo, ma anche protagonista (e vittima) di un amore impossibile. La scena si svolge su un pavimento a scacchiera, come se la complessa trama non fosse altro che il risultato di una partita tra due fazioni, costantemente in bilico tra la passione politica e quella sentimentale. La disposizione obliqua della stessa offre una visione di taglio che amplifica la prospettiva, permettendoci di proiettare l’azione su spazi di diversa natura spazio-temporale. Funzionali a questo scopo i giochi di luce gestiti prevalentemente tra un blu diffuso e triangoli di bianco-avorio dalla forma variabile, e anche i cambi d’abito dei personaggi (Maria, ad esempio, in modo consono allo sviluppo del personaggio è azzurra nel primo atto, rosa nel secondo e bianca nel terzo). È, questa di Verdi, un’opera che celebra il calore e la pienezza dei registri gravi, del maschile in generale: un lusso, in tempi così parchi di voci virili. La forza e il colore caratterizzante dei registri disposti da Verdi, ha trovato in questo cast timbri di buona fattura, voci piene dalla pronuncia definita e metricamente ben accentata (tanto da riuscire a giustificare alcuni pesanti arcaismi lirici del libretto). Su tutti sono emersi per la bravura Jacopo Fiesco/Carlo Colombara e Simon Boccanegra/Leo Nucci. Soprattutto quest’ultimo ha fatto della propria voce, mai staccata da una recitazione che pareva nascere dalla stessa partitura, lo strumento di un continuo mutare di sentimenti ed emozioni: furore, gioia, dolore, scoperta, dubbio, indignazione, affetto... Un Doge–Corsaro tutto proiettato nella malinconica consapevolezza che “gridare pace e amor” è impresa di grande responsabilità, per la quale si deve essere disposti a rinunciare alla vita. Davvero difficile gestire il ruolo di Maria, unica presenza femminile accompagnata dalla figura di un’ancella, in una simile circostanza, ammirevole quindi Davinia Rodriguez, interprete in via di formazione e dotata di una rilevante presenza scenica, la cui voce non sempre è apparsa all’altezza dei colleghi. Buona e intelligente la concertazione di Francesco Ciampa: soluzioni ben congeniate sul movimento delle dinamiche e dell’agogica (in alcuni momenti sembrava che il suono desse veramente profondità al silenzio delle voci, in altre che sostenesse queste ultime con lievità) sono riuscite a mettere in secondo piano alcune imperfezioni dell'Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna sopraggiunte qua e là. Preparato e corposamente armonioso, il Coro del Municipale di Piacenza si è offerto come ‘un personaggio’ a tutti gli effetti, diretto con chiarezza nelle linee di ogni registro, dentro e fuori la scena. Non invasiva ed efficace la regia (evocativa la folta serie di ‘voci-lumini’ senza volto del Prologo che alla morte del Doge si oscurano, girando le spalle al pubblico). Il pubblico modenese, assai soddisfatto, ha ossequiato tutti i partecipanti alla realizzazione dell’allestimento con grandi, lunghi e ripetuti applausi, con numerosi e convinti “Bravi!”, in corso e a fine opera, decretando la vittoria della tradizione.
Interpreti: Simon Boccanegra, Leo Nucci;; Maria Boccanegra, Davinia Rodriguez; Jacopo Fiesco, Carlo Colombara;; Gabriele Adorno, Fabio Sartori; Paolo Albiani, Alexey Bogdanchikov; Pietro, Simon Lim; un capitano dei balestrieri, Ernesto Petti; un’ancella di Amelia, Federica Vitali.
Regia: Riccardo Canessa
Scene: Alfredo Troisi
Costumi: Alfredo Troisi
Orchestra: Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna
Direttore: Francesco Ivan Ciampa
Coro: Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Maestro Coro: Corrado Casati
Luci: Riccardo Canessa
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