E Manon va

Roma: la seconda recita è andata in scena, ma restano le minacce di sciopero sulle altre

Recensione
classica
Teatro dell'Opera di Roma Roma
Giacomo Puccini
02 Marzo 2014
Regia tradizionale, senza nulla di speciale da segnalare in positivo né in negativo. L'unica particolarità è che, quando si apre il sipario, ci troviamo già in quel deserto in cui la vita di Manon giungerà al suo tragico epilogo. Poi compaiono anche i luoghi in cui si svolgono le precedenti tappe della vicenda - la locanda, il salotto, il porto - ma quella distesa nuda e arroventata di sabbia resta sempre bene in vista. Pure le luci sono tenui e sbiadite, come un ricordo lontano, tranne quelle rossastre e violente del deserto. L'opera è dunque un flashback, in cui, come nel romanzo di Prévost, Des Grieux ripercorre la parabola del suo amore per Manon. È difficile credere che Chiara Muti non abbia parlato di questa sua idea con papà Riccardo ed è questa la ragione per cui siamo partiti dalla regia. Infatti la direzione di Muti si spiega perfettamente nell'ottica di un flashback, in cui le passioni e gli entusiasmi giovanili dei due protagonisti non sono vissuti in diretta, ma ripensati come momenti di una vicenda passata e ormai svanita nel nulla come un sogno. La sua direzione tendenzialmente lenta - ma senza languori e sentimentalismi tardo ottocenteschi - non si entusiasma neanche nei momenti più appassionati ("Tu, tu, amore tu" ha già un che di sconfitto e rassegnato, esattamente come "No, pazzo son") né si agita nei momenti di suspence (la fuga dall'osteria di Amiens e l'arrivo delle guardie nel palazzo di Geronte sono avvenuti da tempo e il loro esito non può cambiare). Tutto è immerso in un'atmosfera sconsolata di perdita e di sconfitta. Altre meraviglie di questa direzione sono la leggerezza e la trasparenza, che fanno affiorare gemme che ancora nessuno aveva scoperto nella preziosa orchestra pucciniana. In particolare è un piccolo capolavoro il modo con cui Muti dà dignità al pastiche settecentesco che apre il secondo atto. Anna Netrebko canta con voce sontuosa, timbro ammaliante, ottima pronuncia, fraseggio curatissimo, senza quell'ombra di atteggiamenti veristici che si coglievano talvolta nelle sue interpretazioni italiane: la cura Muti è servita. Molto debole Yusif Eyazov, molto bene Giorgio Caoduro, Carlo Lepore e i personaggi minori. Ad applaudire nella sala strapiena c'era anche Antonio Pappano.

Note: Nuovo allestimento

Interpreti: Anna Netrebko / Serena Farnecchia, Yusif Eyvazov, Giorgio Caoduro / Francesco Landolfi, Carlo Lepore, Alessandro Liberatore, Stefano Meo, Roxana Costantinescu, Andrea Giovannini, Giorgio Trucco, Gianfranco Montresor, Paolo Battaglia

Regia: Chiara Muti

Scene: Carlo Centolavigna

Costumi: Alessandro Lai

Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma

Direttore: Riccardo Muti

Coro: Coro del Teatro dell'Opera di Roma

Maestro Coro: Roberto Gabbiani

Luci: Vincent Longuemare

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