Sussurri ambient
Il trio Sylvian, Fennesz, Mathieu per MITO
Recensione
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Tre musicisti di tre nazionalità diverse (inglese, tedesca e austriaca), un palco immerso nel buio, immagini ipnotiche proiettate su tre schermi alle spalle del gruppo, un unico, lungo brano che ha percorso l’esibizione nella sua interezza e, a fare da cornice, lo spettrale fascino post-industriale delle torinesi Officine Grandi Riparazioni: davvero singolare il concerto di David Sylvian, Stephan Mathieu e Christian Fennesz, ideatori e interpreti del progetto work in progress “The Kilowatt Hour”, qui alla sua prima esecuzione. Un’ora, appunto, di suoni inafferrabili, di suggestioni enigmatiche, di immobilità ambient ai limiti del sussurro.
È decisamente raro trovarsi di fronte a tre mostri sacri della musica contemporanea (per quanto dai percorsi artistici molto differenti, che vanno dal pop d’autore, all’avanguardia, all’elettronica, alla world music) alle prese con sonorità tanto oniriche, enigmatiche e sospese: talvolta, nonostante il non numerosissimo pubblico – la cui densità, tra l’altro, è andata calando nel corso della pur breve esibizione –, era più facile sentire il colpo di tosse di qualcuno seduto cinque file più avanti che la performance dei musicisti. Eppure, nonostante un’innegabile tendenza a esplorare i confini del tedio, della provocazione silenziosa, Sylvian, Fennesz e Mathieu sono riusciti nell’intento di trasmettere all’audience forme aliene di emozione, non troppo distanti da quelle riscontrabili nei Pink Floyd più sperimentali o nei Tangerine Dream del capolavoro [i]Zeit[/i].
Musica per pochi, che forse, per essere apprezzata nel modo giusto, avrebbe necessitato di uno spazio più intimo e raccolto.
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