Più Jackson che Ellington
Al Parco della Musica un viaggio attraverso i più famosi brani del cantante britannico
Recensione
jazz
Sul palco solo lui, la sua immancabile tastiera e la sua voce trascinante, scherzando col pubblico della Sala Sinopoli: Joe Jackson ha iniziato così il concerto che lo vedeva protagonista, prima che lo raggiungessero i componenti del gruppo chiamato "The Bigger Band", formazione che - come indica il nome - risulta più nutrita rispetto alle piccole band con cui l'artista britannico si è esibito tante volte in passato. Circa due ore di musica durante le quali Jackson, uno dopo l'altro, ha dispensato i brani che gli hanno procurato i maggiori successi della sua significativa carriera: da "Steppin' Out" all'indimenticabile "A Slow Song", per non parlare di "You Can't Get What You Want", una serie di ascolti che ha entusiasmato una platea forse non giovanissima ma pronta a rivivere le emozioni che l'artista ha regalato con questi titoli. Di gran classe tutti i musicisti, ma un'ulteriore nota di merito va tributata a Darryl Jones, impegnato al contrabbasso e al basso elettrico, e ad Allison Cornell, che si è destreggiata tra le tastiere, la viola e il banjo, oltre a dare un significativo apporto con la voce.
Perché Joe Jackson al Roma Jazz Festival? Beh, il titolo del concerto era "The Duke", e così anche la musica di Ellington, riletta ovviamente nello stile personale di Jackson, ha fatto capolino in un programma che piuttosto confermava la capacità del cantante di sentirsi a proprio agio tra jazz, blues, ritmi swing o latino americani ma soprattutto pop music. Una serata magari non proprio in sintonia con lo spirito di un Jazz Festival, ma che il pubblico ha salutato con ripetuti e lunghi applausi.
Interpreti: Joe Jackson: voce e pianoforte; Regina Carter: violino; Sue Hadjopoulos: strumenti vari; Allison Cornell: voce; Jesse Murphy: basso; Adam Rogers: chitarra; Nate Smith: percussioni.
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