Antichi suoni portoghesi
Il Portogallo protagonista del festival belga Laus Polyphoniae
Recensione
classica
Il festival Laus Polyphoniae si è concluso con un brillante concerto di Hesperion XXI, affiancato da voci soliste della Capella Reial de Catalunya, con l’intento di abbracciare cronologicamente Cinquecento e prima metà del Seicento, come quadro riassuntivo di tutto il percorso sonoro portoghese.
Ma i colori timbrici e ritmici ispano-americani, marcati dalla presenza di due musicisti messicani, hanno conquistato il pubblico ma lasciato un interrogativo. Come sottolineato nella giornata di studi, ci sono ricerche d’archivio ancora da compiere, e sarebbe stato interessante pensare anche a fonti musicali provenienti dal Brasile, conquistato ed evangelizzato dai portoghesi anche attraverso la musica.
In ogni caso ascoltare diffusamente pagine manoscritte o a stampa di Lobo, de Cristo, Cardoso, de Magalhães, de Brito, Rebelo, è stata un occasione unica e rara, che ha dimostrato che la musica antica portoghese non è soltanto frutto di un manierismo franco fiammingo o palestriniano, ma anche qualcosa di più profondo e originale, soprattutto se permeata dalla espressività della seconda pratica. Particolarmente interessanti e apprezzati i concerti dei portoghesi Officium e degli italiani Cantar Lontano, e calorosi gli applausi per gli ospiti d’onore, il quartetto vocale La Colombina, che ha presentato tre diversi programmi, collaborando anche con strumentisti dei gruppi Daedalus e Oltremontano.
La qualità di questo festival si misura anche dalle significative attività collaterali, come ad esempio la Summer School curata da Cappella Pratensis, che si è conclusa con un concerto dei corsisti, musicisti amatori, che interpretando la notazione antica hanno dimostrato quanto sia viva la passione per una cultura musicale che è parte integrante della storia europea.
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