Il Risorgimento visto da sinistra

Lo spettacolo di Banda Improvvisa al Salone del Libro di Torino

Recensione
world
FolkClub - Lingua Madre Torino
14 Maggio 2011
Quando l'abbiamo intervistato sullo spettacolo, l'ideatore Giampiero Bigazzi rideva di come «alla fine il tricolore sia rimasto in mano a gente come noi, che mai si sarebbe pensato di fare uno spettacolo sul Risorgimento». Per confermare la sua teoria basta scorrere i nomi delle associazioni che hanno ospitato “Camicia rossa” al suo esordio: CIGL, Coop, Arci. Non proprio esempi di nazionalismo. Eppure. Con Bigazzi ispiratissimo frontman, ora narratore ed ora cantante, e Anna Granata ad offrire la voce limpida e appassionata, “Camicia rossa” riesce a giocare su un argomento come il Risorgimento che da sempre è unto di retorica. Il lavoro di arrangiamento di Orio Odori, l'esecuzione combinata degli artisti targati Materiali Sonori (Arlo Bigazzi, Mino Cavallo, Lorenzo Chiarabini, Ruben Chaviano) e della giovanissima filarmonica di Loro Ciuffenna, i racconti di Giampiero tra album di figurine ed elenchi dei Mille, tutto contribuisce a sgrassare gli inni e le marce dal patriottismo altisonante, rendendo comunque onore a quell'esercito di nomi noti e meno noti che ha dato tempo, soldi, arti e spesso la vita per un ideale. Si parte dal 1848, si arriva all'Unità compiuta e ai suoi problemi, dalle insurrezioni al brigantaggio; si canta l'"Inno di Garibaldi", quello del "Volontario", "Camicia Rossa", "La Bella Gigogìn" («brutta, dal testo deboluccio, ma che faceva talmente incazzare gli austriaci che a Milano una sera ne vennero fatti venti bis, la banda venne portata di peso sotto la casa del governatore e si suonò ininterrottamente fino all'alba»). Ma c'è spazio per il canto anarchico “Dimmi bel giovane”, per “Pontelandolfo “ degli Stormy Six, per l'inno di Mameli e Novaro che risuona tre volte nell'arena dell'Oval – una addirittura in chiave reggae: «In fondo quando l'hanno scritta avevano quarant'anni in due, chissà la birra, il fumo e le pulsioni ormonali!». Alla fine, dopo un'ora e venti in cui non si è mai nominato un solo Savoia, il pubblico esce diviso a metà: chi fischietta l'"Inno del Volontario", chi “i martiri nostri / son tutti risorti”. Nonostante siano volati un paio di “infame piemontese” tra i testi!

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

world

Racconto dal Premio Parodi 2024, sempre meno "world music" ma sempre più riconoscibile

world

Il progetto Flamenco Criollo ha inaugurato con successo il Festival Aperto 2024

world

Il trio di Afridi Bharti al Teatro Sociale di Gualtieri