Ironia d'Iran
Presentato in anteprima il nuovo album di Mohsen Namjoo, "Oy"
Recensione
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Il 'leader del rock persiano' Mohsen Namjoo (classe 1976) sale sul palco di una gremita Sala Verdi accompagnato tra gli altri dalla sua connazionale Golshifteh Farahani, attrice ma anche musicista. Il laboratorio creativo di Benetton, Fabrica - con la direzione artistica di Babak Payami - ne ha prodotto il terzo album, "Oy", qui presentato ufficialmente. La comunità iraniana è presente in gran numero e si fa sentire anche grazie all'entusiasmo dell'Associazione degli Studenti Iraniani di Milano. L'atmosfera dunque si scalda in fretta con l'esecuzione di "Hammash", brano d'apertura dell'album: Namjoo imbraccia uno dei suoi setar e comincia, sempre più acclamato dal pubblico, a giocare teatralmente con la voce, che modula con grande abilità. Il musicista così popolare in Iran poi intona una personale versione di "Cielito lindo", con versi in persiano presi in prestito dal poeta Rumi. Ma il climax si raggiunge dopo la standing ovation seguita al primo finale: passano pochi minuti e Namjoo torna per un bis che durerà quasi un’ora, iniziando a dialogare col pubblico iraniano, che reclama brani più vecchi come "Toranj". Per il finale però si torna a "Oy": i versi di "Gladiators (Faghih Khoshgele)" sorprendono ed eccitano i connazionali del Nostro; ma chiedere ad alcuni di loro cosa esprimono significa ottenere varie versioni perché l’ironia e i giochi di parole di Namjoo vanno a toccare il potere senza mai fare nomi. Gli italiani in sala così diventano spettatori-uditori della storia di un popolo che ama la sua terra anche da lontano, e nonostante le condanne a cinque anni di carcere a chi, come Namjoo, si è permesso di musicare dei versetti del Corano.
Interpreti: Mohsen Namjoo (setar, chitarra acustica, voce), Golshifteh Farahani (pianoforte, voce), Gerardo Balestrieri (fisarmonica, voce), Christopher Knowles (chitarra e basso elettrico), Geremia Vinattieri (batteria), Said Chavoshbaran (percussioni)
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