Poca musica nel braccio della morte
A Oslo la nuova opera di Cecilie Ore basata sulle ultime parole dei condannati a morte
Recensione
classica
Per Dead beat escapement, il nuovo lavoro di Cecilie Ore, commissionato dalla Norske Opera, messo in scena nel nuovo, avveniristico Teatro dell’opera di Oslo, appuntamento clou anche del Festival Ultima, la compositrice norvegese ha scelto un materia drammaturgica ad alta tensione. Ha voluto affrontare in modo originale la questione della pena di morte, costruendo innanzitutto un libretto con le ultime parole pronunciate o scritte dai condannati a morte, le loro invocazioni, gli insulti («Fuck you», «kiss my ass»), le richieste dell’ultimo pasto. Ha immaginato un’opera d’arte totale dove interagissero canto, danza e teatro, un’opera rituale e cruda, ma così cruda da eliminare la musica. Mancava in effetti non solo l’orchestra ma qualsiasi strumento, tutto si reggeva sulla presenza di sei cantanti e sette danzatori, sulla continua ripetizione di frasi brevi («No, sorry no», «Stop please», «We did it»), più parlate che cantate, loop ritmici che alla lunga perdevano consistenza e forza espressiva, e diventavano semplicemente monotoni. Qua e là, spazializzati intorno al pubblico attraverso otto altoparlanti, brandelli di canzoni infantili, gospel, canti natalizi, e soprattutto rumori corporali, montati con effetti ripetitivi e meccanici (il titolo stesso dell’opera si riferisce al meccanismo di scappamento negli orologi a pendolo). La dimensione claustrofobica di questo mondo era comunque resa benissimo dalla scenografia, fatta di cemento, metallo e vetro, dai movimenti lenti e rimati dei detenuti, che esplodevano improvvisamente in risse feroci, da un geniale tableau vivant che trasformava la scena in una visione dell’ultima cena, dalla scena finale che svelava dietro il fondale la camera per l’iniezione letale, mentre risuonava il canto natalizio «Silent Night».
Interpreti: Svein Erik Sagbråten Thor Inge Falch Per Andreas Tønder Håvard Stensvold, Yngve André Søberg Espen Fegran
Regia: Hilde Andersen
Scene: Tine Schwab
Costumi: Tine Schwab
Coreografo: Øyvind Jørgensen
Luci: Kristin Bredal
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