La maschera di Quirino Conti

Prima assoluta della Maschera di Punkitititi, opera in tre atti di cui Quirno Conti è librettista (insieme a Marco Ravasini), regista, seconografo e costumista: il suo apporto è quindi determinante ma la musica del giovane Marco Taralli è determinante per inserire la vicenda nelle atmosfere cui il testo allude, in cui si mescolano gusto rétro, nevrosi, angosce, estetismo, suspense.

Recensione
classica
Teatro Nazionale Roma
Marco Taralli
18 Dicembre 2007
Il titolo allude cripticamente a Mozart e la trama ruota intorno alla maschera funebre di Mozart e alla sua (impossibile) statua di cera. In realtà Mozart è un pre-testo per un libretto che, con abilità diabolica per un esordiente nel campo qual è Conti, non "racconta" nulla se non nevrosi, manie, perversioni, sogni, illusioni, angosce e premonizioni d'un gruppo di persone all'interno del laboratorio delle statue di cera nel seminterrato d'un Museo dell'Uomo di qualche città della Mitteleuropa, intorno al 1920: perfetto come mondo senza via di scampo. Conti, nelle sue molte interviste, ha cercato di depistare, parlando non solo di Mozart ma anche di Proust, quando semmai vi si può riconoscere l'ultimo Visconti, quello di Caduta degli dei, Morte a Venezia, Ludwig e Gruppo di famiglia in un interno. A Visconti, ma anche a Britten, fa pensare anche una relazione omosessuale con prevaricazioni e violenze tra i partners, da cui scaturisce il colpo di pistola che avvia l'opera alla conclusione, unica nota stonata del libretto. Si potrebbero imputare ai due librettisti anche alcune lungaggini, ma presto ci si accorge che sono funzionali alla costruzione delle sfuggenti e suggestive atmosfere, nonché il disinteresse assoluto per i problemi spiccioli della contemporaneità, ma proprio l'anacronismo è uno dei motivi dell'indubbio fascino dell'opera. Anche Taralli, come molti giovani compositori, scrive una musica anacronistica, rispolverando una vocalità che si potrebbe definire in stile Anni Venti, con molto Puccini e, in certi passaggi ironici, un po' dello Stravinskij di Pulcinella. Più che per l'originalità Taralli si fa apprezzare per la duttilità e l'acume con cui segue ogni inflessione e sfumatura del difficile e ambizioso testo e in più crea quell'alone di risonanze e suggestioni che solo la musica e non la parola può ottenere. Scene e costumi in bianco e grigio, ovviamente elegantissimi, dello stesso Conti, che inoltre debutta come regista, ma sembra già espertissimo per il modo in cui governa uno spettacolo di oltre due ore in cui non succede quasi nulla. Direzione accurata di Parisi e interpreti principali (Coni, Ricciotti, Formaggia, D'Annunzio Lombardi) veramente ammirevoli nel dar vita agli sfuggenti personaggi. Accoglienza insolitamente calorosa per un'opera nuova.

Note: Opera commissionata dal Teatro dell'Opera di Roma. Prima esecuzione assoluta

Interpreti: Paolo Coni, Donata D'Annunzio Lombardi/ Marta Calcaterra, Rosa Ricciotti / Olga Adamovich, Danilo Formaggia, Paola Francesca Natale / Olga Adamovich, Enzo Capuano, Gemma Gabriella Stimola / Marta Calcaterra, Oleg Nekhaev, Roberto Nencini  

Regia: Quirino Conti

Scene: Quirino Conti

Costumi: Quirino Conti

Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma

Direttore: Vittorio Parisi

Coro: Coro del Teatro dell'Opera di Roma

Maestro Coro: Andrea Giorgi

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Jonas  di Carissimi e Vanitas  di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento

classica

Napoli: Dvorak apre il San Carlo

classica

Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.